Questa zattera ha quasi 80 anni e la si può ancora visitare | Appena ti avvicini senti ancora le voci degli esploratori del Pacifico

Illustrazione di una zattera (Pexels FOTO) - www.marinecue.it

Illustrazione di una zattera (Pexels FOTO) - www.marinecue.it

Questa particolare zattera è molto famosa, ed è ancora integra ed accessibile al pubblico. Conosci davvero la sua storia?

Le zattere sono tra i mezzi di galleggiamento più semplici e antichi che esistano. Di solito si costruiscono unendo tronchi, bidoni o materiali galleggianti legati insieme, senza uno scafo vero e proprio. Sono essenziali, rustiche e perfette per acque calme.

Non hanno una forma fissa: possono essere quadrate, rettangolari, improvvisate o progettate con cura. In alcune culture sono usate per la pesca o il trasporto, in altre sono solo un gioco d’estate o un mezzo di fortuna per emergenze.

Niente motori (di solito), niente vele sofisticate: si va a remi, a spinta, o si lascia fare alla corrente. E proprio per questo danno un senso di libertà primitiva, come se bastasse poco per staccarsi dal mondo.

Alcune zattere moderne, però, sono super tecnologiche. Usate per spedizioni scientifiche, test di sopravvivenza o gare estreme, uniscono materiali nuovi e antichi saperi. Ma alla fine restano fedeli a un’idea semplice: galleggiare, comunque vada.

Un’idea controcorrente (e un po’ folle)

Certe volte, per fare la storia, basta un’idea semplice… e un pizzico di sana ostinazione. Thor Heyerdahl, esploratore norvegese con la testa dura come un remo, ne ebbe una parecchio controcorrente: secondo lui, in tempi antichi, i popoli del Sud America avrebbero potuto attraversare tutto il Pacifico e arrivare fino alla Polinesia. Sì, proprio così, su zattere di legno spinte dal vento e dalle correnti. Non era una teoria molto popolare tra gli archeologi dell’epoca, anzi. Molti la consideravano una fantasia da romanzo d’avventura.

Ma Heyerdahl non si limitò a scriverci sopra un articolo accademico o a parlarne nei salotti. Decise che l’unico modo per dimostrare la fattibilità di questa migrazione era… farla davvero. E così, si mise in testa di costruire una zattera usando solo i materiali e le tecniche che, secondo lui, avrebbero potuto avere a disposizione gli antichi. Un’impresa assurda, detta fuori dai denti. Ma evidentemente a lui, le cose assurde piacevano parecchio.

Illustrazione del Kon-Tiki (Wikipedia Nasjonalbiblioteket FOTO) - www.marinecue.it
Illustrazione del Kon-Tiki (Wikipedia Nasjonalbiblioteket FOTO) – www.marinecue.it

Un viaggio incrediile

La zattera venne battezzata Kon-Tiki, come il dio inca del sole e del tempo. Era fatta con nove enormi tronchi di balsa lunghi più di 10 metri, legati insieme con corde di canapa. Niente chiodi, niente metallo, niente modernità: tutto costruito seguendo le descrizioni delle imbarcazioni precolombiane.

Il 28 aprile 1947, Heyerdahl e un equipaggio di cinque persone salparono da Callao, in Perù. E lì cominciò il vero viaggio: 101 giorni in mare aperto, sospinti da vento e correnti, senza motori né radio moderne. Dopo aver attraversato circa 6.890 km di oceano, la zattera si schiantò contro una barriera corallina dell’atollo di Raroia, nell’arcipelago delle Tuamotu, il 7 agosto. Tutti salvi, incredibilmente. L’esperimento aveva funzionato!