Ingegneria Navale

L’evoluzione nelle costruzioni navali

Il mondo delle costruzioni navali è sempre più in trasformazione; grazie all’introduzione del Metodo degli Elementi Finiti (FEM) affiancato alla tecnologia informatica, la progettazione permette di costruire strutture complesse riducendo costi e tempi di realizzazione. Per quanto sia importante guardare con gli occhi al futuro, è altresì importante ogni tanto gettare un occhio al passato; come siamo arrivati fino qui? Questa idea è già stata pensata? Il settore navale sta tenendo il passo con gli altri settori?

Modellazione al computer di una nave bulk per verificare lo stato tensionale
PH: corso di costruzioni navali 3 del Prof. Ing. D. Boote, Ingegneria Navale dell’Università di Genova

Questo ambito è sempre stato molto conservatore e solo ultimamente si sta dimostrando pronto a provare nuovi metodi; se pensiamo che le prime civiltà si sono sviluppate intorno al X millennio a.C. e che le prime grandi innovazioni tecnologiche (materiali, tipi di struttura…ecc.) hanno avuto inizio intorno al 1850, su 12000 anni solo poco più del 1,5% è stato dedicato a un progresso tecnologico vero e proprio! Senza dilungarci troppo, affrontiamo un rapido sviluppo delle costruzioni navali!

Le costruzioni in legno

Le prime civiltà notarono che il legno in acqua galleggiava (ancora il principio di Archimede non era noto!); capirono che mettendo assieme in modo opportuno più pezzi di legno era possibile costruire un mezzo di trasporto solido; un tempo, in assenza di strade, il mezzo più veloce per muoversi era via acqua. Col tempo le tecniche furono sempre più affinate, arrivando a creare unità di tutto rispetto; da piccole imbarcazioni fluviali alle grandi trireme, propulse a remi e dalla forza del vento.

PH: treccani.it

Fino al 1000-1100 d.C. non si ebbero grandi sviluppi costruttivi; la nascita delle Repubbliche marinare portò allo sviluppo delle galee, evoluzione delle trireme, che ricoprirono un ruolo fondamentale fino alle fine del XVIII secolo.

Fedele riproduzione di una galea genovese, custodita presso il museo del mare “Galata” di Genova
PH: visitgenoa.it

Vennero poi sostituite dai velieri, propulsi esclusivamente dalla forza del vento ; lo scafo manteneva la struttura trasversale delle galee, ma con nuove forme. Dagli inizi del ‘600 tutti i cantieri Europei cercarono di costruire il più grande veliero che potesse mai esistere; ci si rese conto però che oltre certe lunghezze era impossibile costruire uno scafo solido.

HMS Victory, nave ammiraglia di H. Nelson durante la battaglia di Trafalgar, oggi nave museo a Portsmouth
PH: dailymail.co.uk

Il motivo era legato al limite di resistenza del materiale, cioè del legno; per rendere la struttura robusta la si faceva più grossa, ma superato un certo limite non era nemmeno in grado di sopportare il proprio peso; si era stimata una lunghezza massima di 70 m.

Cambio di propulsione

L’ingegnere americano Robert Fulton
PH wikipedia.org

Anno 1807, si ha una svolta nelle costruzioni navali: Robert Fulton, ingegnere statunitense, applica il motore a vapore di James Watt su un battello fluviale, il Clermont; tale idea viene però accantonata a causa dei limiti dell’ancor primordiale motore. Infatti il motore a vapore richiedeva molto spazio, tra acqua e combustibile, e aveva un’autonomia abbastanza limitata; inoltre le vibrazioni del motore davano non pochi problemi alle strutture in legno.

Le costruzioni metalliche

Il miglioramento del motore a vapore, l’invenzione dell’elica e una richiesta di maggior capacità di carico, portò i cantieri a cambiare il tipo di materiale e di struttura; ciò permise di costruire navi sempre più grandi e  con maggior capacità di carico: iniziano le prime costruzioni metalliche! I primi scafi vennero costruiti in ferro (in alcuni testi viene usato il termine più corretto “ferraccio”, per indicare un tipo di acciaio ancora di scarsa qualità) unendo i vari pezzi di lamiera con una tecnica chiamata chiodatura; questa tecnica di unione consisteva nell’inserire un chiodo arroventato nel foro di forma tronco-conica ricavato nelle 2 lamiere da unire; veniva poi ribadito, cioè la testa del chiodo veniva martellata per essere deformata e impedire la fuoriuscita del chiodo stesso.

Dettaglio di parti di strutture navali chiodate
PH: American Bureau of Shipping 1897

Il riscaldamento fino ad arroventatura serviva al fine di garantire un miglior serraggio tra lamiere (quindi maggior garanzia di tenuta stagna, ad ogni modo si calafatava lo stesso); infatti nel raffreddarsi il chiodo si contraeva premendo le 2 lamiere. Grazie ai progressi della metallurgia, si passò all’utilizzo dell’acciaio, continuando a chiodare le lamiere. La chiodatura veniva eseguita da squadre di ribaditori, composte da 4-6 persone, che lavoravano in contemporanea per un singolo chiodo! Si comincia anche a cambiare il tipo di struttura: da una struttura trasversale, si passa a una struttura longitudinale.

Parliamo adesso dell’ultima grande innovazione: la saldatura.

Schema del sistema di saldatura
PH: corso di costruzioni navali 1 del Prof. Ing. D. Boote, Ingegneria Navale dell’Università di Genova

Le prime saldature erano eseguite con elettrodi “nudi” cioè senza rivestimento, cosa che rendeva le saldature poco resistenti (sicuramente più resistenti della chiodatura). Con lo scoppio della guerra, la diffidenza nei confronti della saldatura venne messa da parte; si iniziò la costruzione di scafi parzialmente o totalmente saldati, in quanto questa tecnica richiedeva meno mano d’opera e rendeva la costruzione più rapida. Nel primo dopoguerra vennero introdotti gli elettrodi rivestiti, facendo prendere sempre più piede alla saldatura, soprattutto a scopo militare (si vedano gli U-Boot).

Nave cisterna T2
PH: wikipedia.org

Un esempio applicativo di saldatura in ambito mercantile è con la prima nave cisterna di medio-grandi dimensioni completamente saldata, la T2; la saldatura infatti dava la garanzia tanto cercata di avere delle cisterne perfettamente stagne!

Dopoguerra

Nonostante le continue migliorie della saldatura, non era poi così strano trovare ancora navi chiodate fino agli anni ’70; infatti le zone del ginocchio e l’incrocio cinta-trincarino perseverarono nell’utilizzo della chiodatura: il motivo? Come detto all’inizio, il mondo navale è sempre stato molto conservatore; si avevano ancora delle riserve sull’utilizzo della saldatura, soprattutto in zone molto sollecitate come quelle prima nominate!

Diagramma delle tensioni di una nave soggetta a flessione deviata
PH: autore articolo

Si sa, la cautela non è mai troppa ed effettivamente all’epoca la saldatura non era ancora ai massimi livelli; se partiva una cricca nella zona del ginocchio o della cinta, questa si sarebbe propagata lungo tutta la giunzione; lasciando però queste zone chiodate, si sarebbe interrotta in corrispondenza di un foro, evitando così possibili disastri e intervenendo per tempo sulla zona lesionata. Siamo arrivati al 2018 e ancora costruiamo navi in metallo e unite per mezzo della saldatura; la domanda che ci si pone è: quale sarà il prossimo sviluppo tecnologico nelle costruzioni navali? Siamo arrivati a un capolinea?

Giacomo Gini

Nato a Genova il 13 agosto 1995, diplomato presso l'Istituto Tecnico Nautico Statale "San Giorgio" con indirizzo costruzione del mezzo (costruttore navale), iscritto alla scuola politecnica dell'Università di Genova come studente di Ingegneria Navale (corso triennale)

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