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Risolto dopo un secolo il mistero della “macchia fredda” nordatlantica

Questa scoperta chiarisce un enigma aperto da oltre un secolo e ridefinisce le basi delle previsioni climatiche future, segnalando un cambiamento già in atto.

Un nuovo studio collega in modo definitivo il celebre “cold spot” (“macchia fredda”) a sud della Groenlandia a un indebolimento secolare della AMOC, la grande circolazione oceanica che regola il clima dell’emisfero nord.

Un’anomalia che sfida il riscaldamento globale

Tra le anomalie climatiche più studiate, il cold spot a sud della Groenlandia è stato per decenni un enigma irrisolto. Mentre il resto dell’Oceano Atlantico si è progressivamente riscaldato, quella zona ha mantenuto temperature insolitamente basse, attirando l’attenzione di climatologi e oceanografi fin dall’inizio del XX secolo.

Ora, la ricerca condotta dall’Università della California – Riverside offre una risposta solida: l’anomalia è il segnale diretto di un indebolimento della AMOC (Atlantic Meridional Overturning Circulation) che dura da oltre cento anni. Lo studio, pubblicato su Communications Earth & Environment, conferma che solo i modelli climatici che includono un AMOC indebolito riproducono fedelmente la combinazione di raffreddamento e calo di salinità osservati nell’area.

Cos’è la AMOC e perché è così importante

La AMOC è una vasta circolazione oceanica che trasporta acqua calda e salata dalle regioni tropicali verso il Nord Atlantico, dove l’acqua più fredda e densa sprofonda e torna verso sud in profondità. Questo sistema agisce come un “nastro trasportatore climatico”, distribuendo calore e influenzando temperature, precipitazioni e dinamiche atmosferiche su scala emisferica.

Un suo indebolimento comporta:

  • minor trasporto di calore verso le latitudini alte;
  • accumulo di acqua più fredda in superficie nelle zone subpolari;
  • riduzione della salinità per effetto del mancato apporto di acque più salate provenienti da sud.

Questi effetti coincidono perfettamente con le osservazioni raccolte per oltre un secolo nell’area a sud della Groenlandia.

Un secolo di dati climatici che rivela un trend chiaro

Uno dei limiti nello studio della AMOC è l’esiguità delle misurazioni dirette, disponibili solo da circa vent’anni. Per superare il problema, il team di ricerca guidato da Wei Liu e dallo studente Kai-Yuan Li ha utilizzato una strategia basata su indicatori indiretti: l’analisi di un secolo di registrazioni di temperatura e salinità.

L’uso di questi parametri come “traccianti climatici” permette di ricostruire la forza della circolazione oceanica nel passato. Il confronto con quasi 100 simulazioni climatiche ha mostrato un risultato univoco: solo i modelli che prevedono un AMOC indebolito riproducono correttamente il cold spot groenlandese.

Secondo Li, «la correlazione è estremamente solida: la tendenza al raffreddamento compare esclusivamente nei modelli con una AMOC più debole».

Perché la salinità è la chiave per capire la AMOC

Oltre alla temperatura, gli studiosi hanno analizzato la salinità superficiale, un parametro fondamentale per la dinamica della circolazione profonda. Quando la AMOC rallenta, infatti, meno acqua calda e salata raggiunge le regioni subpolari. Questo causa:

  • acque superficiali più fresche e leggere, che sprofondano più difficilmente;
  • un ulteriore indebolimento della circolazione, in un ciclo di retroazione negativa;
  • cambiamenti chimico-fisici negli ecosistemi marini.

I dati di lungo periodo mostrano un chiaro declino della salinità nell’area del cold spot, rafforzando ulteriormente il legame tra anomalia e AMOC.

Impatto sul clima dell’emisfero nord

L’indebolimento della AMOC non è un fenomeno locale: influenza in modo profondo il sistema climatico dell’Atlantico settentrionale. Il raffreddamento del settore subpolare altera la circolazione atmosferica e in particolare la dinamica del jet stream, una corrente a getto che controlla la traiettoria delle perturbazioni e modula le temperature in Europa e Nord America.

Le conseguenze includono:

  • variazioni nella distribuzione delle precipitazioni europee;
  • maggiore instabilità atmosferica alle medie latitudini;
  • alterazioni della produttività biologica nelle acque nordatlantiche.

Gli ecosistemi marini risentono in modo particolarmente acuto dei cambiamenti in temperatura e salinità, che influenzano migrazioni, catene alimentari e habitat riproduttivi.

Il ruolo dei modelli climatici e la controversia sull’origine del cold spot

Negli ultimi anni, alcuni modelli climatici attribuivano il cold spot principalmente a forzanti atmosferiche, come le emissioni di aerosol. Questa ipotesi aveva condotto a previsioni di un possibile rafforzamento della AMOC nel XXI secolo.

Il nuovo studio ribalta questa interpretazione, dimostrando che tali modelli non riproducono correttamente il comportamento osservato. Secondo Liu, «i modelli più recenti risultano eccessivamente sensibili agli aerosol e meno accurati per questa regione».

La convergenza tra dati storici e modelli con AMOC indebolita rappresenta una prova robusta della natura oceanica del fenomeno.

Ricostruire il passato per prevedere il futuro

La metodologia utilizzata nel nuovo studio evidenzia quanto le informazioni indirette possano essere preziose nella climatologia oceanica. Sebbene il monitoraggio diretto della AMOC sia limitato, tracce fisiche e chimiche registrate nell’oceano permettono di ricostruire con buona precisione l’evoluzione dei sistemi di circolazione.

Secondo i ricercatori, l’indebolimento osservato non è episodico, ma parte di una tendenza continua iniziata oltre un secolo fa. Se le emissioni di gas serra continueranno ad aumentare, il rallentamento della AMOC potrebbe accelerare, con ripercussioni significative sul clima dell’emisfero nord.

Il cold spot come indicatore del cambiamento in corso

L’anomalia a sud della Groenlandia è uno dei più sensibili termometri del cambiamento all’interno dell’Atlantico settentrionale. Il suo comportamento fornisce indizi sulle trasformazioni in atto nella circolazione oceanica globale. Comprenderne l’origine aiuta a migliorare le proiezioni relative a:

  • clima europeo nei prossimi decenni;
  • eventuali soglie critiche di rallentamento della AMOC;
  • resilienza degli ecosistemi marini alle variazioni fisiche dell’oceano.

Come sottolinea Li, la metodologia impiegata è «uno strumento potente per capire come il sistema è cambiato e verso cosa si sta dirigendo».

Un campanello d’allarme per la climatologia del futuro

La scoperta chiude un capitolo aperto da oltre un secolo, ma apre allo stesso tempo una nuova fase della ricerca climatica. Il rallentamento della AMOC non è un’ipotesi lontana o teorica: è già in corso e lascia una firma chiara nel cold spot groenlandese.

Riconoscere la natura di questo fenomeno significa affinare la capacità di prevedere scenari climatici complessi che coinvolgono milioni di persone e interi ecosistemi dell’emisfero nord. La sfida scientifica dei prossimi anni sarà comprendere fino a che punto la AMOC potrà indebolirsi e quali implicazioni comporterà per la stabilità climatica globale.

La vera lezione è che l’oceano conserva nella sua memoria fisica la storia dei cambiamenti passati, e proprio questa memoria permette di anticipare un futuro sempre più influenzato da dinamiche profonde e in costante trasformazione.

Carolina Valdinosi

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