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Scoperti 14 nuovi e strani animali marini a oltre 6.000 metri di profondità

Nel buio assoluto degli abissi oceanici, a oltre 6.000 metri di profondità, è stata compiuta una scoperta di portata notevole.

Un gruppo di ricercatori coordinati da Senckenberg Research Institute and Natural History Museum hanno identificato 14 nuove specie marine mai documentate prima, appartenenti a gruppi di vermi, molluschi e crostacei. Questi nuovi esseri vivono in ambienti estremi, dove luce, calore e pressione mettono a dura prova ogni forma di vita conosciuta, eppure rivelano la sorprendente vitalità dell’oceano nascosto.

Il progetto che ha permesso questa scoperta si chiama Ocean Species Discoveries initiative, e rappresenta un ambizioso sforzo per rinnovare il modo in cui si descrivono e registrano le specie marine. Utilizzando tecnologie all’avanguardia — dalle immagini tomografiche al sequenziamento genomico — la squadra ha accelerato quella che spesso era una procedura lunga e macchinosa: «troppo spesso una specie è scoperta e resta sconosciuta al grande pubblico per anni», si osserva nello studio.

Tra le scoperte spicca un mollusco della classe Veleropilina gretchenae, recuperato dalla Fossa delle Aleutine a 6.465 metri di profondità, con un genoma di alta qualità sequenziato direttamente dal campione tipo.

Altro protagonista è il bivalve carnivoro Myonera aleutiana, scoperto tra i 5.170 e i 5.280 metri — molto più in profondità rispetto a quanto noto finora per la sua famiglia.

Un universo di stranezze oceaniche

Non mancano forme di vita che sfidano l’immaginazione: per esempio lo isopode parassita Zeaione everta, il cui nome richiama i “corn‑kernels” poiché le femmine presentano protuberanze sulla schiena simili a chicchi di popcorn.

E ancora, un mollusco della linea dei tusk‑shells, la Laevidentalium wiesei, trovato con un’anemone attaccata al lato concavo: un’associazione mai osservata prima in quel genere.

Abissi marini, ecco le nuove scoperte (Freepik Foto) – www.marinecue.it

Verso un catalogo dell’ignoto

La scoperta di queste specie è accompagnata da uno sforzo metodologico: gli studiosi stanno utilizzando una piattaforma digitale dove descrivere in modo rapido e standardizzato nuove forme di vita, superando i tradizionali ritardi della tassonomia. Questo approccio non è solo tecnico: ha anche una forte valenza di conservazione, perché molte specie potrebbero estinguersi prima ancora di essere conosciute.

Sul piano simbolico e pratico, la comunità scientifica invia un messaggio chiaro: gli abissi oceanici — fino a ieri considerati in gran parte inesplorati — sono tutt’altro che privi di vita sorprendente. Ogni campione recuperato a migliaia di metri di profondità racconta una storia evolutiva diversa, adattata a pressioni, temperature e assenza di luce che la vita terrestre non conosce. Questo apre nuovi interrogativi: quali siano le strategie di sopravvivenza, quali le catene alimentari e quali le relazioni ecologiche tra questi organismi così remoti dall’umano quotidiano. In conclusione, questa scoperta — ben oltre il mero numero di specie individuate — segna un passo in avanti per la scienza marina: non solo amplia il nostro catalogo della biodiversità, ma suggerisce che ancora molto resta da scoprire, anche nei luoghi più inospitali della Terra. E in un periodo in cui la biodiversità è minacciata da cambiamenti climatici, inquinamento e sfruttamento indiscriminato, ogni nuova specie documentata diventa una testimonianza preziosa del nostro pianeta vivo.

Sveva Di Palma

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