Dopo 2500 anni il Mediterraneo ha restituito un tesoro inestimabile | Recupero difficile: mangiata da molluschi
Relitto sottomarino (Freepik foto) - www.marinecue.it
Direttamente dalle profondità marittime, è stato riportato alla luce. Ma ormai resta poco del suo passato splendore
Il Mar Mediterraneo è uno dei più preziosi “forzieri” globali, che mantiene all’interno delle sue acque una serie di elementi a dir poco misteriosi, che si tratti di storia, natura o biologia.
E la particolarità della massa d’acqua che divide l’Europa e il Continente Africano, è che la stessa sia studiata e approfondita costantemente da team di esperti e ricercatori, anche internazionali.
Ciò nonostante, le sue acque sono capaci, di tanto in tanto, di restituire misteriosi elementi, dei quali si era persa completamente la traccia: potrebbe essere il caso di specie endemiche, tra le circa 20.000 che abitano queste acque, o di altro ancora.
Come quando ad essere “riportati alla luce” sono reperti archeologici, soprattutto relitti o materiali che viaggiavano sopra le imbarcazioni, dai tempi antichi, quando ad utilizzare il Mediterraneo per scambiare le merci erano i romani e i greci, agli strumenti bellici impiegati nei conflitti bellici del XXI Secolo.
Una sorpresa con pochi eguali nella storia
Nei pressi della costa meridionale della Sicilia, un gruppo di archeologi e subacquei si è reso protagonista di un ritrovamento con pochi eguali nel corso della storia: un relitto risalente ad una nave di grandi dimensioni che sarebbe affondata addirittura 2.500 anni fa, ossia al periodo storico durante cui il Mediterraneo era il fulcro globale degli scambi e dei traffici commerciali, essendo, inoltre, conteso tra differenti popolazioni, che proprio in questo scenario diedero vita a numerosi scontri proprio per il controllo strategico del Mare.
Molte di queste, tra le quali ricordiamo le greco-puniche, si sono combattute proprio a ridosso delle coste siciliane, e non è un caso che il relitto ritrovato sia stato individuato al largo del Canale di Sicilia.

Una preziosa testimonianza
Ma come è avvenuto il rilevamento? Il merito è tutto della collaborazione tra la Sovrintendenza del Mare della Regione Sicilia e del Dipartimento di Studi Umanistici e Beni Culturali dell’Università di Udine, i quali hanno dato vita ad una prolifica collaborazione nel merito del Progetto Kaukana. Il docente di archeologia subacquea e navale Massimo Capulli, proveniente proprio dall’ateneo friulano, ha affermato che la nave era stata soggetta da numerosissimi anni dall’azione naturale dei molluschi, in particolar modo quelli che attaccano le strutture in legno.
Lo stesso Capulli, una delle pochissime figure in grado di studiare approfonditamente lo scavo, ha evidenziato la presenza, nelle immediate vicinanze del relitto, anche di sei ancore, realizzate in ferro e in pietra. L’assessore dei beni culturali e dell’identità siciliana, Francesco Paolo Scarpinato, ha sottolineato che si tratta di una testimonianza proveniente da un’epoca molto antica, definendo il relitto come “testo prezioso del patrimonio culturale sommerso siciliano“. Lo scrive Daily Galaxy.
