Questo pesce lo credevano tutti sparito, ma non è così | È stato nascosto per tanto tempo: adesso sembra un fossile che nuota

Questo pesce abissale ha sorpreso tutti con la sua riscoperta (Reddit Foto) - www.marinecue.it
Nel vasto silenzio degli oceani, esistono ancora creature che sembrano sfuggite a un’altra epoca.
La biologia marina, con i suoi continui colpi di scena, ci ricorda quanto poco conosciamo davvero delle profondità del pianeta. Ogni tanto, tra i flussi delle correnti e il frusciare delle pinne, la natura riporta in superficie storie che sembravano perdute per sempre.
Storie che mettono in discussione ciò che la scienza pensava di sapere, e che ci riportano indietro a milioni di anni fa, quando i primi vertebrati imparavano a muoversi nelle acque torbide della Terra primordiale.
In questo scenario, la scoperta di un pesce che si credeva estinto da ere geologiche ha cambiato radicalmente il modo in cui guardiamo all’evoluzione. Un animale tanto antico da essere stato considerato un fossile, ma così vivo da continuare a nuotare ancora oggi, silenzioso e misterioso.
È la dimostrazione che la natura conserva sempre qualche segreto, anche nei luoghi più studiati e monitorati del pianeta. A volte, serve solo uno sguardo diverso per riportare alla luce ciò che sembrava definitivamente scomparso.
Il ritorno del “fossile vivente”
Secondo quanto raccontato da Kodami – Fanpage.it, tutto iniziò nel 1938, quando un peschereccio sudafricano portò a riva un pesce blu dalle pinne carnose e dalle scaglie dure come un’armatura. Nessuno, nemmeno gli studiosi dell’epoca, riusciva a identificare quella creatura. Solo più tardi, l’ittiologo J.L.B. Smith confermò l’incredibile: si trattava di un celacanto, una specie che si riteneva estinta da oltre 66 milioni di anni.
Oggi sappiamo che di questo antico pesce esistono due specie viventi: Latimeria chalumnae, che popola le acque dell’Africa orientale, e Latimeria menadoensis, scoperta in Indonesia nel 1997. Entrambe appartengono all’antico gruppo dei sarcopterigi, i pesci dalle pinne lobate che, più di 360 milioni di anni fa, diedero origine ai primi vertebrati terrestri. Un collegamento diretto, e quasi poetico, con le origini della vita sulla terraferma.

Un custode del tempo nelle profondità marine
Il celacanto è un organismo che sembra muoversi in un tempo tutto suo. Vive tra i 150 e i 700 metri di profondità, in grotte sottomarine di origine vulcanica, e conduce un’esistenza lenta, notturna e solitaria. I biologi che lo studiano oggi lo definiscono “un fossile che respira”, non perché sia rimasto immutato, ma perché conserva tratti morfologici quasi identici a quelli osservati nei fossili del Devoniano. La sua anatomia è un archivio vivente dell’evoluzione: il cranio articolato, le pinne che ricordano piccoli arti, la struttura interna dell’apparato respiratorio. Persino la sua gestazione, che può durare fino a tre anni, è un’anomalia biologica che lo rende unico tra i vertebrati moderni. Tutto in lui sembra rallentato, come se l’evoluzione avesse deciso di mettere in pausa il tempo.
Ma dietro la sua apparente invulnerabilità si nasconde una fragilità estrema. Entrambe le specie di celacanto sono oggi classificate come a rischio critico di estinzione nella Lista Rossa della IUCN. La pesca accidentale, l’inquinamento e il disturbo umano rappresentano minacce reali per le poche popolazioni rimaste. Il celacanto non è soltanto una reliquia del passato, ma una lezione vivente sul valore della biodiversità. La sua sopravvivenza dimostra che l’evoluzione non è una linea retta, ma un mosaico complesso in cui persino le creature più antiche possono ancora scrivere una nuova pagina della storia naturale.