Gli Oceani sono tutti malati | Quello che sta accadendo è ai limiti del possibile: verranno sterminati tutti i pesci

Oceano insalubre (Canva) - marinecue.it
I mari del mondo, stanno, progressivamente, ammalandosi tutti, a causa delle attività umane. Quindi, come poter tornare indietro?
I mari del nostro pianeta, da sempre fonte di vita e di risorse, stanno attraversando una fase critica. A causa di inquinamento, sfruttamento, e cambiamenti climatici, che li stanno appunto (progressivamente) trasformando, mettendone a rischio salute e biodiversità che li popola.
Plastica, microplastiche, scarichi industriali, e sostanze chimiche tossiche, compromettono la qualità dell’acqua. Non a caso, siffatti materiali non solo danneggiano gli organismi marini, ma entrano anche nella catena alimentare, arrivando fino all’uomo.
L’aumento delle temperature, e un altro problema degli oceani di cui parleremo più avanti, rappresentano un ulteriore pericolo. Le barriere coralline, sbiancano; le specie, migrano verso nuove aree; e gli equilibri marini, si alterano in maniera irreversibile.
Intendiamoci: i mari stanno proprio ammalandosi (come vedremo, appunto, successivamente) a causa delle attività umane; sebbene, invertire la rotta sia ancora possibile. Con importanti azioni di tutela; mediante riduzione delle emissioni; e con il rispetto degli ecosistemi marini, come chiave per restituire ossigeno e vita, a questo patrimonio inestimabile.
Oceani sotto pressione
Il “Planetary Health Check 2025“, ha lanciato un nuovo allarme: ovvero, che gli oceani son “malati”, e il loro stato, richiede un’azione immediata. L’acidità marina ha, difatti, superato una soglia critica per la vita, portando a sette su nove, i “limiti planetari” infranti dalle attività umane. Quindi, secondo gli studiosi del “Potsdam Institute for Climate Impact Research”, siamo vicini a un punto di non ritorno, che potrebbe compromettere l’intero equilibrio planetario.
Gli oceani, da sempre “ammortizzatori climatici”, assorbono circa il 30% della CO2 prodotta dall’uomo. Una funzione che, se da un lato rallenta il riscaldamento globale, dall’altro causa, purtroppo, un effetto collaterale come l’acidificazione delle acque. La CO2, nello specifico, si scioglie in mare, formando acido carbonico che abbassa il pH, e riduce gli ioni carbonato, indispensabili a coralli, molluschi e plancton, per costruire gusci e scheletri calcarei.

Effetti sugli ecosistemi marini
Dal 1800 a oggi, il pH della superficie oceanica è sceso da 8.2 a 8.1, un calo che equivale, in realtà, a un aumento del 40% della sua acidità. Quindi, coralli più fragili; molluschi vulnerabili; e plancton indebolito, in grado di mettere a rischio intere catene alimentari. E come riportato sul sito libero.it, derivandone, appunto, conseguenze non solo ambientali, ma anche economiche: per via di pesca, acquacoltura e turismo costiero, i quali rischiano di subire danni irreparabili.
Ridurre drasticamente le emissioni, resta quindi la strategia più efficace, quantunque la ricerca esplori anche soluzioni innovative, come l’alcalinizzazione artificiale degli oceani, e progetti sperimentali di rimozione diretta di CO2. O come accadde con il “Protocollo di Montreal“, per mezzo di una cooperazione internazionale che potrebbe ancora cambiare la rotta, evitando che l’acidificazione segni, definitivamente, il destino dei mari.