In Italia i ghiacciai si stanno sciogliendo e l’inquinamento dei mari aumenta | I pesticidi trovati sono il male minore

Ghiacciai in scioglimento (Freepik foto) - www.marinecue.it
Invertire la preoccupante tendenza appare sempre più ostico. Siamo ormai giunti ad un punto di non ritorno. E i fattori negativi aumentano
Il cambiamento climatico sta conducendo a conseguenze che rischiano di mettere davvero in ginocchio gli ecosistemi e le biodiversità per come siamo stati abituati ad intenderli sino ad oggi.
Uno degli impatti diretti prodotti dal surriscaldamento globale, sicuramente tra i più evidenti e preoccupanti, è senza dubbio rappresentato dallo scioglimento dei ghiacciai, un disagio che riguarda comunemente tutto il globo.
Dalle nostrane Alpi sino all’Himalaya, per non parlare della gigantesca portata di danni arrecati alle calotte polari del Mar Glaciale Artico e dell’Antartide, costretti a fare i conti con la perdita di miliardi di tonnellate l’anno di ghiaccio.
Lo scioglimento, inoltre, favorisce la liberazione di tracce di sostanze rimaste intrappolate all’interno del ghiaccio stesso da tempo immemore. Parliamo di elementi ormai inevitabilmente contaminati, che presentano concentrazioni di pesticidi e agenti inquinanti.
Una realtà ardua da fronteggiare
E’ proprio su questo tema che si è focalizzato il lavoro svolto da un gruppo di ricercatori guidato da Marco Paolini dell’Università Statale di Milano, collaborando persino con la One Ocean Foundation, allo scopo di tracciare una mappa che fosse il più dettagliata possibile circa l’attuale stato di contaminazione dei ghiacciai presenti nel nostro territorio.
I risultati sono stati successivamente pubblicati sulla rivista Archives of Environmental Contamination and Toxicology, raggiungibili grazie all’analisi di 16 ghiacciai diffusi tra le Alpi e gli Appennini, con campionamenti periodici che hanno avuto luogo tra il 2020 e il 2021, concentrati specialmente sui detriti sopra glaciali, depositatisi sulle superfici dei ghiacci, che hanno reso possibile comprendere quali materiali si siano accumulati sugli stessi nel corso delle ultime stagioni. A questo punto si è proceduto con misurazioni estremamente dettagliate circa la presenza di composti organici e inorganici, in modo da poter poi confrontare i risultati ottenuti e paragonare l’eventuale gravità delle situazioni di area in area.

Rischi concreti per la biodiversità
Ad essere rilevati a seguito dei test sono stati, in concentrazioni maggiori, metalli pesanti quali Piombo, Mercurio, Cadmio e Zinco, ma anche Manganese, Alluminio e Ferro, questi tre presenti in natura all’interno dei ghiacci, tuttavia generalmente in quantità “innocue”, dato che un aumento della loro concentrazione potrebbe favorire l’insorgere di ulteriori problematiche. Il guaio è che questi composti non sono affatto soggetti ad una rapida degradazione, restando intrappolati nel ghiaccio e separandosi soltanto a seguito dello scioglimento, prima di rischiare di venire assorbiti da parte dei viventi che popolano le acque glaciali.
Parliamo di elementi fortemente tossici in primis per la fauna, ma anche per gli esseri umani che ingeriscono gli stessi, quando finiscono per accumularsi nella catena alimentare. L’allarme è cresciuto ulteriormente quando ulteriori rilevamenti hanno addirittura permesso di individuare sostanze ormai bandite, in grado di mantenersi da tot anni addietro fino ad oggi, resistendo alla degradazione biochimica, come ad esempio gli inquinanti organici persistenti o l’esaclorobenzene. A riportare la notizia è Libero.it.