Campi Flegrei, lo studio dell’ultima eruzione non lascia spazio a dubbi | È tutto come il 1538: c’è da aspettarsi l’evento avverso da un momento all’altro

Campi Flegrei e pericoli (Depositphotos foto) - www.marinecue.it
Lo scenario eruttivo analizzato dagli esperti mostra sorprendenti analogie col passato: ecco perché i Campi Flegrei preoccupano ancora.
A prima vista, sembrano solo colline tranquille, punteggiate da fumarole e qualche sentiero sterrato. Ma chi conosce i Campi Flegrei sa che quel paesaggio nasconde ben altro. Un’intera caldera vulcanica sotto i piedi, in continua trasformazione, silenziosa ma mai del tutto immobile. È un territorio dove la geologia non è una materia da libri, ma una presenza quotidiana.
Non è raro sentire il terreno vibrare, anche se appena. Un brivido che dura pochi secondi e poi scompare. La gente del posto ci ha fatto l’abitudine, in fondo accade da sempre. Ma ogni tanto, un piccolo cambiamento attira l’attenzione degli esperti. E allora si torna a parlare di bradisismo, faglie, pressione sotterranea. In altre parole: si torna a parlare del rischio.
Il bradisismo, quel lento sollevarsi e abbassarsi del suolo, è un segnale importante. Non è solo un fenomeno naturale curioso: è un messaggio, un sintomo di ciò che avviene nel profondo della Terra. E negli ultimi anni, questo segnale ha cominciato a farsi più insistente. Non drammatico, non ancora. Ma sufficiente per far rizzare le antenne alla comunità scientifica.
Le analogie con il passato sono troppe per ignorarle. La più inquietante? Quella con l’eruzione del Monte Nuovo del 1538. Un evento che, secondo gli esperti, potrebbe fornire una chiave per interpretare quello che potrebbe (il condizionale è d’obbligo) accadere domani.
Il ritorno di un pattern familiare
Uno studio firmato da INGV e Università di Napoli Federico II ha analizzato proprio quell’eruzione storica, evidenziando come i segnali che la precedettero siano molto simili a quelli che stiamo osservando oggi. Prima del 1538, il suolo si era sollevato per decenni, i terremoti si erano intensificati e il magma era risalito a profondità pericolosamente basse. Oggi, anche se il sollevamento è stato finora minore, la dinamica sembra seguire un copione già scritto.
E qui arriva lo scenario più preoccupante, delineato chiaramente nello studio riportato da Geopop: la crisi bradisismica attuale potrebbe evolversi in un’eruzione. Non ci sono prove che il magma sia già in risalita, ma non si può escludere che, in futuro, i fluidi caldi dalla camera magmatica possano rimettere in movimento materiale ancora presente a circa 3 km di profondità.

I segnali da non ignorare
Secondo i ricercatori, se questo scenario dovesse concretizzarsi, potremmo assistere a un rapido peggioramento della situazione. Prima dell’eventuale eruzione, il terreno potrebbe sollevarsi in modo più evidente, localizzato. Contemporaneamente, la sismicità aumenterebbe, sia in frequenza che in intensità. Si parla di terremoti superficiali con magnitudo anche superiore a 5, capaci di provocare danni rilevanti vista la poca profondità degli ipocentri.
La zona più esposta? Tra la Solfatara e Agnano, dove l’attività sismica è già oggi particolarmente vivace. Ed è lì che, con buona probabilità, potrebbe aprirsi una nuova bocca eruttiva. Anche se l’eruzione dovesse essere di media intensità, i flussi piroclastici potrebbero rappresentare un pericolo serio per le aree circostanti. In definitiva, non si può prevedere quando, ma lo scenario va tenuto in considerazione. Anche un vulcano silenzioso, prima o poi, può tornare a farsi sentire.