Siamo meno resistenti dei pesci | Loro sopravvivono, noi esplodiamo: più scendi giù negli abissi, meno possibilità si ha di vivere

Sub in immersione e pericoli (Depositphotos foto) - www.marinecue.it

Sub in immersione e pericoli (Depositphotos foto) - www.marinecue.it

Sotto migliaia di metri d’acqua, alcuni pesci vivono sereni mentre il corpo umano verrebbe distrutto in pochi istanti.

Ci sono luoghi sulla Terra che sembrano pensati apposta per non ospitare la vita. Le profondità marine, ad esempio, sono tra questi: buio totale, freddo pungente e una pressione talmente alta che anche solo immaginarla fa venire il mal di testa. Eppure, in quelle condizioni estreme, qualcosa si muove. O meglio: qualcuno ci vive… e pure piuttosto bene.

È incredibile pensare che mentre noi crolliamo a pochi metri sotto la superficie, altre creature se ne vanno in giro tranquille a migliaia di metri di profondità. Per l’essere umano, arrivare a certe quote è come cercare di vivere sulla Luna senza tuta: il corpo non regge, punto. Ma allora, perché a loro sì?

La vera domanda è: come fanno? Qual è il trucco? Perché mentre noi veniamo letteralmente schiacciati, loro riescono a sopravvivere — anzi, a vivere proprio lì, come se fosse la cosa più normale del mondo. C’è qualcosa nei loro corpi, nei loro tessuti, o forse proprio nel modo in cui sono costruiti?

Lì sotto, dove sembra che la vita non abbia alcun senso, queste creature dimostrano il contrario. Hanno trovato un modo per adattarsi, per convivere con condizioni che per noi sarebbero una condanna a morte. E non è solo questione di resistere. È che, laggiù, la sopravvivenza è diventata… beh, routine.

Come si sopravvive dove il corpo umano si distrugge

Come riporta anche Everyeye, superati i 6.000 metri di profondità, l’acqua ti schiaccia come se fossi una lattina vuota. Eppure, pesci come quelli lumaca — sì, esistono davvero — si aggirano nella Fossa delle Marianne sotto 1.100 atmosfere, come niente fosse. Il motivo? Non hanno cavità d’aria nel corpo, quindi non c’è nulla che possa cedere o esplodere.

Il loro corpo è fatto principalmente di sostanze gelatinose e acqua, il che permette loro di bilanciare perfettamente la pressione esterna con quella interna. Ma c’è di più: producono una molecola, chiamata trimetilammina N-ossido, o TMAO, che tiene tutto insieme. Proteine, enzimi, funzioni vitali… tutto continua a lavorare senza problemi, anche sotto tonnellate d’acqua.

I pesci che vivono nella Fossa delle Marianne (Han Xu foto) - www.marinecue.it
I pesci che vivono nella Fossa delle Marianne (Han Xu foto) – www.marinecue.it

Noi scoppieremmo, loro invece no

Il nostro corpo, invece, è pieno di sacche d’aria — polmoni, orecchie, seni paranasali… insomma, una ricetta perfetta per l’implosione sotto pressione. Non c’è tecnologia naturale nel nostro organismo che possa farci sopravvivere a quelle profondità. Loro invece sì. Sono fatti apposta, è quasi inquietante.

E poi c’è questo gene, chiamato rft1 (sì, sembra il nome di un robot), che è stato trovato nella maggior parte dei pesci che vivono oltre i 3.000 metri. Pare abbiano una mutazione specifica che li aiuta ad adattarsi ancora meglio, anche se — per ora — non si sa esattamente come funzioni. Un bel grattacapo per gli scienziati.