Ponte sullo Stretto, il Governo va avanti e le polemiche aumentano | Per molti è un’oasi in un deserto di morte

Ponte sullo Stretto e pericoli (screenshot Geopop - YouTube) - www.marinecue.it

Ponte sullo Stretto e pericoli (screenshot Geopop - YouTube) - www.marinecue.it

Tra sogni di progresso e timori profondi, il ponte sullo Stretto riaccende vecchie divisioni e nuove polemiche infuocate.

Nel Sud Italia, parlare di infrastrutture non è mai solo una questione tecnica. Ogni progetto – specie se gigantesco – si porta dietro un peso simbolico che va ben oltre la sua funzione. Il Mezzogiorno vive da sempre questo paradosso: desiderio di cambiamento da un lato, sfiducia e scetticismo dall’altro. E così, ogni nuova proposta finisce in una nebbia di polemiche, tra chi grida alla svolta storica e chi, invece, vede solo l’ennesima illusione. Un terreno fertile per discussioni infinite, spesso più ideologiche che pratiche.

C’è poi quella striscia di mare tra la Calabria e la Sicilia, che non è solo un tratto geografico ma una specie di ferita culturale. Un confine liquido, fragile e insieme carico di significati. Ogni volta che si parla di “unirlo”, si riaprono questioni antiche: il rischio sismico, certo, ma anche la memoria, le diseguaglianze, il senso stesso di appartenenza. Fare un ponte lì non è solo un’opera di ingegneria, è quasi un atto simbolico. Ma… a che prezzo?

Nel frattempo, sui social è esplosa una vera battaglia. C’è chi spinge con entusiasmo per la costruzione e chi, invece, prova a rallentare la corsa a colpi di dati, dubbi e video virali. La narrazione si è spostata dal tecnico al personale, con esperti attaccati pubblicamente e interi gruppi mobilitati per sostenere una tesi o l’altra. Il problema è che spesso il rumore copre il contenuto: in mezzo a slogan e battutine, trovare argomentazioni solide è diventato difficile.

E poi c’è la storia, che da queste parti pesa come il cemento. Non è la prima volta che si sogna in grande, e non sarebbe la prima che il sogno si blocca a metà. Tanti ricordano opere mai finite, soldi spesi male, promesse mai mantenute. Quindi, inevitabile: anche davanti a progetti ufficiali, torna la domanda di sempre – ma servirà davvero? E ancora: lo stanno facendo per noi o per loro?

Tra piani ufficiali e tensioni sotterranee

Il via libera definitivo è arrivato il 6 agosto 2025, con tanto di benedizione del CIPESS e copertura pubblica da oltre 13 miliardi. “Stretto di Messina S.p.A.” ha il progetto in mano, mentre il consorzio Eurolink prepara i prossimi passi. Tutto pare andare avanti, almeno sulla carta. Il governo spinge forte, rivendicando investimenti record e una nuova stagione di grandi opere. Ma sotto la superficie, le perplessità aumentano, e non poco.

Tra le voci più critiche, quella di Mario Tozzi – geologo, divulgatore e volto noto della TV. Per lui il ponte è inutile, rischioso e anche un po’ pericoloso come concetto. Dice che l’opera è nata vecchia, che non tiene conto della realtà del territorio e che si basa su calcoli che non reggono più con le conoscenze attuali. A suo dire, più che collegare due sponde, il ponte rischia di unire due… cimiteri. Parole forti, certo. Ma non finisce qui.

Ponte sullo Stretto scorcio ricostruzione (screenshot Geopop - YouTube) - www.marinecue.it
Ponte sullo Stretto scorcio ricostruzione (screenshot Geopop – YouTube) – www.marinecue.it

Il dissenso che viene dalla terra

Nell’intervista pubblicata da Ethica Societas – Rivista di Scienze Umane e Sociali, Tozzi non si limita alle opinioni. Entra nel merito, eccome. Il punto centrale? Manca uno studio geologico serio e indipendente, affidato a enti terzi come il CNR o l’INGV. Senza quel tipo di analisi – spiega – è impossibile valutare davvero l’impatto dell’opera. Anzi, aggiunge che le faglie Cannitello e Palmi, secondo la mappa ufficiale del progetto, sarebbero a rischio massimo. Però il progetto va avanti lo stesso.

E poi c’è il territorio. Tozzi lo conosce bene e lo descrive con preoccupazione: frane profonde, terreni instabili, zone già colpite da eventi disastrosi. Anche ammettendo che il ponte resista ai terremoti – e non è scontato – cosa succederebbe a Messina e Reggio, dove gran parte degli edifici non reggerebbe una scossa seria? Per lui, la priorità dovrebbe essere un’altra: mettere in sicurezza la terra prima di alzare qualcosa sopra il mare.