Sardegna, le sue rocce continuano a meravigliare i ricercatori | Si cammina sulla storia: quello che hanno trovato è incredibile

Sardegna

In Sardegna le rocce parlano (Freepik Foto) - www.marinecue.it

Camminare lungo le coste della Sardegna significa spesso entrare in contatto con scenari che mescolano bellezza naturale e memoria antichissima.

Ogni scoglio, ogni roccia, racconta un pezzo di storia geologica che non si limita al paesaggio odierno. È un’isola magica e ricca di bellezze nascoste, incredibile.

Il fascino dell’isola non è solo legato al mare turchese o ai graniti modellati dal vento, ma anche alla capacità delle sue rocce di custodire impronte di un tempo remoto, quando il Mediterraneo era molto diverso da come lo conosciamo.

Sono segni che, a prima vista, possono sembrare dettagli insignificanti: piccoli resti incastonati nelle pietre, forme compresse o graffiature naturali. Eppure, dietro questi particolari si nasconde un racconto che affonda le radici in epoche quasi inconcepibili.

Proprio in questi giorni, un geologo ha riportato alla luce una testimonianza che permette di camminare, letteralmente, sulla storia della Terra.

Una finestra sul Paleozoico

Come raccontato da Vistanet (fonte qui), lungo la costa di Portixeddu, a Fluminimaggiore, è stato rinvenuto il fossile di una conchiglia risalente a circa 450 milioni di anni fa, agli albori dell’era paleozoica. A descriverla è il geologo Luigi Sanciu, che ne ha spiegato l’eccezionalità.

L’esemplare, grande poco più di un centimetro, apparteneva a una fauna marina vissuta in un’epoca segnata da una glaciazione colossale, responsabile dell’estinzione di circa l’80% delle specie marine. Osservarlo oggi significa avere tra le mani la memoria di un evento planetario che ha cambiato la vita sulla Terra.

Rocce in Sardegna
Le rocce in Sardegna parlano (Freepik Foto) – www.marinecue.it

Segreti scolpiti nelle rocce sarde

Ciò che rende questo fossile ancora più affascinante non è solo l’età, ma la sua forma appiattita e compressa. «È il risultato delle pressioni enormi esercitate sulle rocce alla fine dell’era paleozoica, circa 100 milioni di anni dopo la sua formazione», spiega Sanciu. Questo dettaglio rivela non solo la vita del passato, ma anche i processi geologici che hanno modellato l’isola.

In Sardegna, casi simili non sono isolati: pochi mesi fa, lo stesso geologo aveva segnalato il ritrovamento di un dente fossile di squalo risalente al Miocene, circa 15 milioni di anni fa, lungo le coste dell’Oristanese. Un mosaico di tracce che trasforma l’isola in uno scrigno di biodiversità fossile, capace di raccontare epoche lontanissime e di farci riflettere sul legame profondo tra mare, roccia e memoria della Terra. Questi ritrovamenti ci ricordano che la Sardegna non è soltanto un paradiso naturale, ma anche un archivio vivente della storia della Terra. Ogni fossile è una finestra su un mondo scomparso, un messaggio inciso nella roccia che ci invita a guardare più lontano del presente. Custodire e valorizzare queste scoperte significa proteggere non solo il nostro patrimonio scientifico e culturale, ma anche la consapevolezza profonda delle radici che ci legano al pianeta.