Meduse, gli scienziati le stanno manipolando da anni | Le trasformano in cyborg per raggiungere il loro obiettivo primario

Illustrazione di alcune meduse (Canva FOTO) - marinecue.it (1)
Le meduse, inaspettatamente, possono rivelarsi delle alleate formidabili. Tantissimi scienziati le stanno usando per diversi scopi.
Gli oceani sono da sempre un laboratorio a cielo aperto, e gli scienziati spesso ricorrono a esperimenti con le creature marine per capire meglio la vita sott’acqua. Non si tratta solo di osservare, ma anche di intervenire con strumenti e tecniche che permettono di studiare reazioni, adattamenti e comportamenti.
Alcuni esperimenti riguardano la fisiologia: come i pesci reagiscono a cambiamenti di temperatura, luce o salinità. Altri invece si concentrano sul cervello e sui sensi, cercando di capire come queste specie comunichino, si orientino o percepiscano l’ambiente.
Ci sono poi manipolazioni più complesse, come la modifica genetica di organismi marini per studiare lo sviluppo o per creare modelli utili alla medicina. In altri casi si usano robot o impianti tecnologici per simulare situazioni nuove e vedere come gli animali le affrontano.
Queste pratiche, però, sollevano sempre questioni etiche: fino a che punto è giusto spingersi nel manipolare la vita marina? Il confine tra ricerca utile e intervento invasivo rimane sottile, e ricordarlo è parte integrante del lavoro di chi studia il mare.
Piccoli alleati
Gli oceani sono ancora in gran parte misteriosi, immensi spazi blu che sfuggono alla nostra conoscenza. Per provare a comprenderli meglio, gli scienziati non si affidano più soltanto a sottomarini costosi o a robot ingombranti. Oggi entrano in scena creature che vivono già lì, leggere e silenziose, capaci di muoversi senza disturbare l’ambiente.
Può sembrare fantascienza, eppure non lo è. L’idea di trasformare un organismo marino in uno strumento scientifico porta con sé un fascino particolare: un incontro tra biologia e tecnologia, tra naturale e artificiale. E proprio le meduse, con il loro corpo molle e regolare, si sono rivelate partner perfette per questo esperimento.

Come funzionano esattamente?
Uno studio guidato dall’Università di Tohoku e pubblicato su Nature Communications ha mostrato come sia possibile creare vere e proprie “meduse cyborg”. I ricercatori hanno impiantato piccoli elettrodi sull’anello muscolare, inviando impulsi elettrici ogni 1,5–2 secondi. Con questa stimolazione, il ritmo naturale di nuoto veniva seguito e amplificato, portando l’animale a muoversi più velocemente senza eccessivo stress. Tutto è stato registrato con telecamere e specchi, così da ricostruire al computer le traiettorie tridimensionali dei movimenti.
Ma non si tratta solo di movimento. I dati raccolti sono stati integrati in un modello di intelligenza artificiale “ibrido”, che utilizza la stessa medusa come parte del sistema computazionale. Il risultato è un dispositivo vivente e flessibile, capace di prevedere e controllare le direzioni di nuoto. Il potenziale è notevole: flotte di meduse bio-ibride potrebbero esplorare gli oceani per lunghi periodi, raccogliendo informazioni su temperatura, salinità e perfino sull’inquinamento da plastica. Questa tecnologia, oltre a essere a basso consumo e rispettosa dell’ambiente, potrebbe rivoluzionare la ricerca marina e perfino ispirare nuove applicazioni in robotica e ingegneria dei materiali.