L’uomo fa troppo rumore ed i pesci sono frastornati | A pagarne le spese sono i delfini: stanno morendo tutti sulle spiagge

Illustrazione di pesci disorientati (Canva FOTO) - marinecue.it
Molti di questi pesci vengono scossi da questi rumori, e a subirne maggiormente sono alcuni mammiferi, come i delfini.
L’impatto delle attività umane sugli organismi marini è ormai evidente in ogni angolo degli oceani. Pesca intensiva, inquinamento e cambiamento climatico stanno modificando gli equilibri di ecosistemi che per millenni si erano mantenuti relativamente stabili.
Uno degli effetti più visibili è la riduzione della biodiversità. Alcune specie vengono sovrasfruttate, mentre altre subiscono la pressione indiretta di reti, plastica e sostanze tossiche che entrano nella catena alimentare.
Anche l’acidificazione degli oceani, causata dall’aumento di anidride carbonica nell’atmosfera, influisce profondamente. Coralli, molluschi e altri organismi che costruiscono conchiglie o scheletri calcarei faticano a sopravvivere in acque sempre meno ospitali.
In fondo, l’uomo non ha alterato solo la superficie del mare, ma anche il suo cuore pulsante. La sfida ora è capire se sarà possibile ridurre i danni e lasciare spazio a un futuro in cui le comunità marine possano ancora prosperare.
Spiagge e segnali inquietanti
Negli ultimi anni, sulle coste, non è raro imbattersi in immagini che lasciano un certo sgomento. Balene, delfini e altri cetacei che finiscono a riva, incapaci di tornare indietro, trasformano tratti di spiaggia in scenari difficili da dimenticare. Per chi vive vicino al mare è una visione che colpisce, un promemoria di quanto l’oceano sappia essere tanto affascinante quanto fragile.
La frequenza di questi episodi, però, sembra in crescita. Non si parla più di eventi isolati o curiosità stagionali: le cifre raccontano una realtà ben più ampia. Ogni carcassa trovata sulla battigia diventa una sorta di indizio, un segnale di qualcosa che sta cambiando sotto la superficie delle acque. E la situazione è davvero preoccupante!

Quali sono le cause
Come riportato da Libero, gli studiosi hanno messo in luce diversi fattori. Prima di tutto i rumori prodotti dall’uomo: sonar militari, trivellazioni, esplorazioni sismiche con air gun. Suoni potentissimi che interferiscono con l’orientamento acustico dei cetacei, portandoli a smarrirsi fino a spingersi in zone troppo basse per sopravvivere. Non mancano poi altri problemi: il riscaldamento delle acque che spinge alcune specie verso aree nuove e rischiose, e le reti da pesca, che intrappolano gli animali causando ferite e indebolimento progressivo.
Il numero di spiaggiamenti è cresciuto enormemente: oltre 5.100 animali marini tra il 1992 e il 2022, con aumenti che in certi casi sfiorano l’800%. Gli scienziati parlano di un vero e proprio campanello d’allarme, perché questi episodi non sono solo tragedie singole ma indicatori della salute complessiva degli oceani. E se finora poteva sembrare una storia familiare, ecco il dettaglio che sorprende: questi dati non arrivano dal Mediterraneo, ma dalle coste della Scozia, oggi al centro di ricerche e monitoraggi sempre più accurati.