Microbi formano circuiti elettrici naturali per ridurre le emissioni di metano

Illustrazione di circuiti elettrici (Canva FOTO) - marinecue.it

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I microbi possono degli ottimi alleati, soprattutto nel caso delle emissioni di metano. Tutti assieme formano dei circuiti elettrici naturali.

Il metano è uno dei gas serra più potenti che conosciamo, eppure sfugge spesso dalle profondità oceaniche come una sorta di respiro invisibile del pianeta. Se non venisse intercettato, gran parte di questo gas finirebbe nell’atmosfera, contribuendo ad amplificare l’effetto serra.

Quello che stupisce è che non sono dighe artificiali o sistemi tecnologici a trattenere parte di queste emissioni, ma minuscoli organismi che vivono nascosti sotto i fondali. Un meccanismo naturale, silenzioso e sorprendentemente efficace, che trasforma i microbi in una sorta di filtro biologico.

Un gruppo di scienziati della University of Southern California, insieme a colleghi di altre istituzioni internazionali, ha dimostrato che questi microrganismi si organizzano in veri e propri circuiti elettrici viventi. Non si tratta di una metafora: parliamo proprio di trasferimento di elettroni, con tanto di conduzione misurabile.

Lo studio, pubblicato su Science Advances, apre prospettive affascinanti. Non solo chiarisce meglio il funzionamento di questi ecosistemi invisibili, ma suggerisce possibili applicazioni future per ridurre in maniera controllata le emissioni di metano anche in ambienti gestiti dall’uomo.

La strana alleanza

Alla base di questo processo c’è una partnership davvero particolare. Da un lato troviamo gli archaea metanotrofi anaerobi (ANME), incapaci da soli di completare la reazione che permette di “bruciare” il metano. Dall’altro i batteri solfato-riduttori (SRB), che non sanno toccare il metano ma accettano volentieri gli elettroni liberati da questa trasformazione. 

Il segreto di questa cooperazione sta nelle proteine conduttive, veri e propri “fili” molecolari che collegano fisicamente i due partner. Secondo i ricercatori guidati da Mohamed El-Naggar e Hang Yu, queste strutture permettono agli elettroni di fluire come in un circuito, trasformando il consorzio microbico in una minuscola centrale elettrica. È quasi difficile immaginarselo: organismi microscopici che, messi insieme, si comportano come un cablaggio biologico.

Illustrazione di un ammasso di microbi (Canva FOTO) - marinecue.it
Illustrazione di un ammasso di microbi (Canva FOTO) – marinecue.it

I dati dello studio

Gli scienziati hanno testato la conduzione elettronica di questi consorzi microbici provenienti da diversi ambienti marini: i fondali del Mediterraneo, il bacino di Guaymas e la costa californiana. Usando colture arricchite prive di sedimenti, hanno potuto misurare direttamente le proprietà elettriche. I risultati hanno mostrato una conduttanza elevata, paragonabile a quella di biofilm elettrogenici noti come quelli di Geobacter sulfurreducens, ma assente in batteri non elettrogenici. Le analisi elettrochimiche hanno evidenziato specifici segnali redox, centrati a potenziali di circa 28, 94 e 24 millivolt a seconda del tipo di consorzio (ANME-1/Desulfofervidus, ANME-2a/Seep-SRB1, ANME-2a+2c/Seep-SRB1+2).

Questi valori, spiegano gli autori, indicano la presenza di multieme citocromi c, molecole note per la loro capacità di trasportare elettroni su distanze micrometriche. In altre parole, i microbi costruiscono una rete elettrica interna che permette di collegare la degradazione del metano alla riduzione del solfato. L’aspetto più interessante è che questa conduzione si interrompe se i consorzi vengono esposti a calore o ossigeno, mentre resta intatta dopo la fissazione con paraformaldeide. Un indizio chiaro che il fenomeno ha origine biologica, non da materiali inorganici. Secondo gli autori, si tratta della prima dimostrazione diretta di conduzione redox come meccanismo chiave della simbiosi ANME/SRB. Un tassello che aiuta a capire meglio il ruolo di queste comunità microbiche nella regolazione del metano a livello planetario.