Vacanze di fine estate, non usare questo quando vai in spiaggia | Inquini tutto l’ecosistema e le conseguenze per te sono catastrofiche

Illustrazione di un mare inquinato (Canva FOTO) - marinecue.it

Illustrazione di un mare inquinato (Canva FOTO) - marinecue.it

La situazione è molto delicata, e in spiaggia è meglio non utilizzare questo prodotto. Altrimenti, diventa dannoso per l’ambiente.

Quando si pensa all’inquinamento marino vengono in mente le grandi navi o le industrie costiere, ma anche i bagnanti contribuiscono, spesso senza rendersene conto, a peggiorare la salute del mare.

Le creme solari, ad esempio, rilasciano sostanze chimiche che possono danneggiare coralli e piccoli organismi marini. Basta una nuotata di centinaia di persone in una baia affollata per alterare l’equilibrio dell’acqua.

A questo si aggiungono i rifiuti lasciati in spiaggia o dispersi in acqua: bottigliette di plastica, mozziconi di sigaretta e imballaggi finiscono in mare, dove si degradano lentamente e diventano microplastiche.

Anche i comportamenti apparentemente innocui, come camminare sulle dune o raccogliere conchiglie, hanno un impatto sugli ecosistemi costieri. Per questo la tutela del mare passa anche dai gesti quotidiani di chi lo frequenta.

Un oggetto da spiaggia meno innocuo di quanto sembri

Tra le cose che si portano al mare, c’è sempre lui: il telo da spiaggia. Colorato, leggero, pratico da stendere sulla sabbia o sul lettino. Eppure dietro quell’accessorio apparentemente banale si nasconde un lato oscuro che raramente viene raccontato. Non è solo una questione estetica o di comodità, ma anche di impatto sull’ambiente e, in parte, sulla salute.

La maggior parte dei teli moderni è realizzata con fibre sintetiche, come poliestere, nylon o microfibra. Materiali resistenti, certo, ma che rilasciano minuscole particelle ogni volta che vengono usati o lavati. È un dettaglio che passa inosservato perché queste particelle non si vedono a occhio nudo, ma finiscono comunque in mare, sulle spiagge, e poi lungo la catena alimentare.

Illustrazione di alcune microplastiche (Canva FOTO) - marinecue.it
Illustrazione di alcune microplastiche (Canva FOTO) – marinecue.it

I rischi nascosti

Queste particelle, le cosiddette microplastiche, come riportato da Ecoblog, hanno dimensioni inferiori ai 5 millimetri e riescono a disperdersi ovunque. Una volta in acqua vengono ingerite dai pesci, dai molluschi e da altri animali marini, accumulandosi negli ecosistemi e arrivando infine anche nei piatti. Studi recenti hanno mostrato che oltre il 70% dei campioni di sangue umano analizzati contiene tracce di microplastiche: un dato che fa riflettere e che spinge a ripensare abitudini quotidiane apparentemente innocue.

Non c’è solo la questione ambientale. L’esposizione al sole e al calore può far rilasciare ai tessuti sintetici sostanze tossiche che, inevitabilmente, entrano in contatto con la pelle. Per ridurre l’impatto esistono alternative più sostenibili, come i teli in fibre naturali, ad esempio il cotone biologico. Allo stesso tempo, l’Unione Europea ha già avviato misure per contenere la diffusione delle microplastiche, introducendo restrizioni sulla plastica monouso e promuovendo soluzioni come filtri da applicare alle lavatrici, per catturare le fibre disperse durante i lavaggi.