Mare, immondizia trasformata in reperti archeologici | Pronto il museo della crudeltà umana: un viaggio negli ultimi cinquant’anni

Plastica

Museo plastica in mare (Canva foto) - www.marinecue.it

Un museo racconta la storia nascosta dei rifiuti di plastica riemersi dalle onde del mare: i segreti svelati della plastica in mare.

Sulle spiagge, tra sabbia e conchiglie, compaiono talvolta oggetti che non appartengono al paesaggio naturale. Non sono reperti antichi, ma resti del nostro passato recente, riaffiorati come testimoni silenziosi di un’epoca che ha affidato troppo alla plastica. Oggetti dimenticati, ormai deformati dal tempo, diventano tracce di un racconto che riguarda tutti.

Il mare restituisce ciò che gli è stato affidato con leggerezza, e lo fa senza filtri. Flaconi, bottigliette, contenitori: frammenti che rivelano abitudini di consumo di decenni fa, ancora intatti nonostante l’usura del sale e delle correnti. A sorprendere non è solo la resistenza della plastica, ma anche il suo potere evocativo, capace di riaprire cassetti della memoria collettiva.

Tra i granelli di sabbia, ciò che sembrava insignificante diventa un monito. Vecchi marchi e loghi ormai dimenticati, etichette in lire, forme di packaging superate raccontano quanto il passato sia ancora presente, letteralmente sotto i nostri piedi.

Questi oggetti, nati per essere “usa e getta”, riaffiorano come reperti, carichi di una storia che nessuno avrebbe immaginato di tramandare.

un progetto che nasce da un incontro inatteso

Era una passeggiata come tante, sulle coste del Salento, quando Enzo Suma trovò un vecchio flacone di crema solare con l’etichetta del prezzo in lire. Quel dettaglio lo colpì profondamente: non era soltanto un rifiuto, ma un frammento degli anni ’60 riemerso dopo decenni. Da quel momento, Suma comprese che dietro ogni oggetto c’era una storia da raccontare.

Laureato in Scienze Ambientali, Suma decise di dare un senso a quelle scoperte creando Archeoplastica, un museo virtuale che raccoglie e cataloga i reperti di plastica restituiti dalle spiagge italiane. Come spiega Repubblica, oggi l’archivio conta oltre 500 pezzi: da flaconi e giocattoli a bottiglie e dischi in vinile, tutti documentati con rigore scientifico e fotografico.

Plastica
Wcnet flacone di plastica (Archeoplastica foto) – www.marinecue.it

Quando i rifiuti diventano memoria collettiva

Tra i reperti più curiosi ci sono un tappo Moplen del 1958, un flacone rosa di talco degli anni ’50, una bottiglietta a forma di clown degli anni ’60 e persino un vinile del 1965, ritrovato da un bambino su una spiaggia pugliese e fatto girare su un vecchio giradischi. Oggetti che, oltre a suscitare nostalgia, mostrano in modo tangibile come la plastica resista per decenni.

Il museo non vuole soltanto mostrare i danni dell’inquinamento, ma far riflettere sul nostro rapporto con la plastica. “Il mare ci sta sputando in faccia i nostri rifiuti”, dichiara Suma, ricordando che ogni oggetto disperso oggi potrebbe riapparire tra mezzo secolo. Archeoplastica diventa così un archivio della memoria e insieme un monito sul futuro, capace di trasformare l’immondizia in un racconto condiviso.