NASA, quello che hanno visto dallo Spazio è eclatante | In Groenlandia il ghiaccio è morto: sta lasciando il posto alle alghe

Pericolo alghe nei ghiacciai (Canva) - marinecue.it
In Groenlandia, si stanno formando vaste distese di alghe marine, proprio in mezzo ai ghiacciai. E l’hanno visto dallo spazio.
Vivere in luoghi con temperature estremamente gelate, rappresenta una sfida unica per l’uomo. In ambienti come le regioni artiche o alpine, caratterizzati da climi rigidi, con inverni lunghi e gelidi, dove le temperature possono scendere ben sotto lo zero.
Per adattarsi a tali condizioni estreme, è essenziale, dunque, adottare strategie di sopravvivenza efficaci; e sia al livello personale, che comunitario. Dove l’abbigliamento termico, le abitazioni isolate, e i sistemi di riscaldamento, son solo alcuni degli elementi essenziali, per proteggersi dal freddo intenso.
Anche la dieta, gioca un ruolo cruciale, con alimenti ricchi di calorie e grassi, necessari appunto per mantenere il calore corporeo. Inoltre, le attività quotidiane vengono spesso adattate in base alle condizioni meteorologiche, così da minimizzare l’esposizione alle temperature più rigide.
Infine, la conoscenza del territorio e delle sue peculiarità, permette di prevenire rischi come l’ipotermia e il congelamento, rendendo quindi possibile una vita sostenibile, anche negli ambienti più ostili.
Il ruolo cruciale del ghiacciaio
Il ghiacciaio Jakobshavn, cuore pulsante della calotta glaciale della Groenlandia, sta contribuendo all’innalzamento dei mari, a causa del suo progressivo scioglimento. Sebbene il fenomeno, come riportato anche su libero.it, abbia in realtà un impatto meno noto, ma altrettanto significativo: ovvero, che le acque di fusione del ghiacciaio, agiscono come una pompa naturale che risucchia nutrienti dal fondo dei fiordi, favorendo quindi la crescita del fitoplancton. Un supercomputer utilizzato da NASA e MIT ha difatti simulato, questo “laboratorio naturale”, quantificando un aumento della produzione di fitoplancton, fra il 15 e il 40% durante l’estate; con importanti conseguenze, anche per l’ecosistema locale.
Per analizzare le interazioni fra oceano e biologia, il team di ricerca ha quindi utilizzato ECCO-Darwin, un modello che integra miliardi di dati raccolti negli ultimi 30 anni. E grazie al supercomputer della NASA, “Ames Research Center”, son stati realizzati “modelli nidificati”, ovvero di dettaglio, inglobati in modelli più ampi, per studiare con precisione il fiordo sotto Jakobshavn. Dove ogni secondo, defluiscono appunto, oltre un milione di litri d’acqua dolce.

Nutrienti e fertilizzazione del fitoplancton
L’acqua dolce, più leggera, risale dal fondo del fiordo, trascinando con sé ferro, nitrati, e altri micronutrienti essenziali. Un processo in grado di fertilizzare il fitoplancton in un ambiente, altrimenti, povero di nutrienti. Facendo di questo connubio fra energia solare, nitrati e gradiente termoalino, un modo per favorire lo sviluppo di microalghe, che sostengono l’intera catena alimentare artica.
Nello specifico, il fitoplancton cattura CO2 dall’atmosfera, tramite la fotosintesi, contribuendo al sequestro del carbonio. E sebbene l’innalzamento e la variazione di salinità delle acque superficiali, riducano leggermente la capacità di assorbire CO2, il bilancio netto risulta neutro o positivo. Processi coinvolgenti oltre 250 ghiacciai lungo la costa groenlandese, per cui gli scienziati prevedono di estendere lo studio ad altre regioni artiche e antartiche. Utilizzando, allo stesso tempo, proprio ECCO-Darwin come laboratorio globale, utile ad analizzare diversi ecosistemi costieri.