Illustrazione dell'Antartide (Canva FOTO) - marinecue.it
I canyon sommersi dell’Antartide tra poco non saranno più un segreto, grazie ad una mappa che mostra un vero e proprio labirinto.
I canyon sottomarini non sono solo spettacolari ferite nel fondale oceanico: sono corridoi naturali che mettono in comunicazione le acque costiere con gli abissi, influenzando la circolazione oceanica e, di conseguenza, il clima globale. In Antartide, queste incisioni profonde sono ovunque, plasmate da millenni di ghiaccio, frane sottomarine e correnti cariche di sedimenti. Alcune sono talmente grandi da estendersi per centinaia di chilometri, altre più modeste ma comunque cruciali per la vita marina che le popola. Eppure, fino a poco tempo fa, non esisteva un catalogo davvero completo e dettagliato della loro distribuzione e delle loro caratteristiche.
Con l’arrivo della nuova mappatura batimetrica ad alta risoluzione dell’International Bathymetric Chart of the Southern Ocean (IBCSO) v.2, pubblicata nel 2022, è stato possibile aggiornare e perfezionare l’inventario dei canyon antartici. Il salto di qualità nei dati è notevole: dove prima si vedevano forme appena accennate, oggi emergono reti idrografiche intricate, con centinaia di rami e una morfologia molto più chiara. E, dettaglio non da poco, è stato possibile distinguere veri canyon da semplici irregolarità del fondale.
Il nuovo studio ha identificato 332 reti di drenaggio con un totale di 3291 tratti di flusso, praticamente cinque volte il numero di canyons riconosciuti in lavori precedenti. Non tutti hanno la stessa complessità: quelli dell’Antartide orientale risultano più ramificati e lunghi, mentre in occidente predominano forme più semplici, quasi lineari. Questa diversità non è casuale, ma affonda le radici in storie glaciali molto diverse tra Est e Ovest.
In particolare, l’Antartide orientale, con il suo ghiacciaio stabile da decine di milioni di anni, sembra aver avuto “il tempo di scolpire” sistemi più estesi e “maturi”. Al contrario, l’Antartide occidentale, modellata da ghiacci più recenti e instabili, ha dato vita a canyon più giovani, corti e ripidi.
Dando un’occhiata ai numeri, le differenze saltano subito all’occhio. L’Antartide orientale ospita reti di drenaggio con una media di 26 corsi per sistema, che possono raggiungere lo Strahler order 5, e canali principali lunghi in media 320 km. Le incisioni iniziano più in superficie (circa 1795 m sotto il livello del mare) e possono scendere fino a un chilometro più in profondità rispetto alle loro controparti occidentali. In più, i canyons orientali tendono a essere più dendritici, cioè con una struttura a rami intricata, e presentano profili più a “U”, segno di una storia in cui la deposizione ha giocato un ruolo importante.
Dall’altra parte, l’Antartide occidentale e in particolare la Penisola Antartica è piena di reti brevi, spesso lineari, con pendenze medie molto più elevate (0,086° rispetto alla media continentale di 0,04°). Qui i canyons raramente superano lo Strahler order 3, e il record di brevità va proprio alla Penisola, con canali medi di appena 24 km. Anche le aree di Ross e Weddell, pur avendo ampie piattaforme continentali, mostrano reti poco numerose e poco complesse, probabilmente a causa del ripetuto riempimento con sedimenti glaciali durante le fasi di massima espansione dei ghiacci.
Secondo gli autori, questa differenza tra Est e Ovest è in gran parte dovuta alla diversa storia glaciale. L’East Antarctic Ice Sheet si è formato milioni di anni prima del suo equivalente occidentale, garantendo un’erosione prolungata e costante, capace di incidere e mantenere reti complesse nel tempo. In West Antarctica, invece, le grandi correnti glaciali hanno sì scavato profondamente, ma spesso hanno anche riempito e sepolto canyon già esistenti, limitandone l’evoluzione.
Dal punto di vista oceanografico, questi canyon sono tutt’altro che passivi. Sono vere autostrade per le masse d’acqua, in grado di convogliare la Circumpolar Deep Water calda verso le piattaforme e, allo stesso tempo, esportare acque dense e fredde verso gli abissi. Questo doppio ruolo ha implicazioni enormi per la stabilità delle piattaforme di ghiaccio e per la formazione dell’Antarctic Bottom Water. Alcune aree, come il Mare di Amundsen, sono particolarmente vulnerabili: qui i canyon e i canali trasversali facilitano l’ingresso di acqua calda sotto i ghiacciai, accelerando lo scioglimento di colossi come il Thwaites Glacier.
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