Nelle profondità dell’Oceano Pacifico hanno scoperto qualcosa di sorprendente | Ecco l'”ossigeno oscuro”: un mistero da scoprire

Respiro "profondo" (depositphotos.com) - www.marinecue.it
Trovato l’“ossigeno oscuro” nei fondali del Pacifico: la chimica rivoluziona la nostra comprensione dei cicli del “respiro blu”.
Le profondità degli oceani rappresentano una barriera quasi insormontabile per l’umanità, un ambiente in cui la scienza continua a svelare eventi sorprendenti e misteriosi.
L’esplorazione dei fondali del Pacifico ci fa riflettere su quanto poco sappiamo riguardo agli abissi marini e ai processi chimico-fisici che si svolgono in profondità.
In queste aree lontane, al di fuori dell’influenza della fotosintesi, si nascondono meccanismi in grado di cambiare radicalmente la nostra percezione dei cicli biogeochimici sulla Terra.
Ogni lezione su questi habitat estremi aiuta a fornire preziose indicazioni sia nella ricerca di forme alternative di vita che nello studio delle origini dell’atmosfera terrestre.
Un nuovo “ossigeno”
Geopop riporta che, a oltre 4. 000 metri di profondità nell’Oceano Pacifico, un gruppo di scienziati ha identificato la presenza del cosiddetto “ossigeno oscuro”, generato in totale assenza di luce, attraverso processi diversi dalla fotosintesi. La ricerca, pubblicata nel luglio 2024 su Nature Geoscience e realizzata dai ricercatori della Scottish Association for Marine Science, ha impiegato avanzati lander bentonici, piattaforme autonome capaci di misurare con grande precisione i parametri chimici e fisici dei fondali abissali.
La scoperta è avvenuta nella regione Clarion-Clipperton, un’imponente piana abissale nell’Oceano Pacifico, situata fra Messico e Hawaii, caratterizzata da montagne sottomarine e, in particolare, da numerosi noduli polimetallici di manganese, aggregati solidi che si formano lentamente attorno a nuclei naturali come conchiglie o pezzi minerali, e contengono una combinazione di ferro, manganese, litio, nichel e altre sostanze.

Nuovi scenari
Geopop evidenzia che le prove sperimentali hanno rivelato quanto i noduli polimetallici, grazie alla loro composizione unica, possano agire come piccole batterie naturali: se immersi in acqua di mare, riescono a produrre correnti elettriche sufficienti per separare le molecole d’acqua in idrogeno e ossigeno. Questo fenomeno di elettrolisi, attivato in modo naturale nelle condizioni estreme dei fondali marini, produce un surplus di ossigeno, la cui quantità ha superato quella consumata dalle poche forme di vita che abitano quelle profondità. Gli scienziati hanno quindi escluso la possibilità che la fotosintesi potesse giocare un ruolo, dato che a quella profondità non arriva alcuna luce solare.
Se confermata su scala più ampia, la generazione di “ossigeno oscuro” potrebbe trasformare in modo significativo la nostra comprensione dei cicli dell’ossigeno. Oltre a ciò, un aspetto di grande importanza riguarda le potenziali conseguenze economiche e ecologiche, secondo Geopop: i noduli polimetallici, ricchi di litio, nichel e cobalto, sono di grande interesse per le operazioni minerarie a livello internazionale.