“Lu Quataru”, è la ricetta salentina per eccellenza | I pescatori la preparano ancora oggi: se la provi non ne puoi fare più a meno

Illustrazione di un pescatore (Canva FOTO) - marinecue.it
I pescatori sono noti anche per gli alimenti e i piatti di cui si nutrono, come questo in particolare che fa parte della tradizione.
La cucina salentina è un concentrato di tradizione, semplicità e sapori autentici. Affonda le radici in ingredienti poveri ma genuini, come legumi, verdure spontanee, pane raffermo e olio extravergine.
Non mancano i primi iconici, come le sagne ‘ncannulate al sugo e le ciceri e tria, un mix di pasta fritta e lessa con i ceci. E poi i rustici, tra cui spiccano le pittule (frittelle di pasta lievitata), spesso farcite o aromatizzate con erbe locali.
Tra i secondi si ritrovano profumi decisi, come quelli delle polpette di pane e menta, delle verdure gratinate o delle melanzane ripiene. Non va dimenticato il pesce, presente sulla costa: seppie ripiene, alici marinate e baccalà in umido sono solo alcuni esempi.
Infine, i dolci parlano il dialetto della festa: pasticciotti con crema e amarena, mustaccioli speziati, porceddhruzzi natalizi al miele. Una cucina che non solo nutre, ma accoglie, racconta e fa sentire a casa.
Un profumo di mare che sa di casa
Certe ricette non sono solo piatti, sono piccoli pezzi di storia. La quatarà è una di quelle. Un nome un po’ ruvido, sì, ma che sa subito di mare e di fatica. Come riportato da AMP Cibo Today, era il cibo dei pescatori, quello che si preparava alla buona, direttamente sulle barche o in spiaggia, con quello che il mare lasciava.
Il termine “quatara”, d’altronde, indicava proprio la vecchia pentola in rame, larga e bassa, messa a bollire sulle braci. Dentro? Tutto quello che non si vendeva. Questa zuppa, col tempo, è diventata un simbolo di identità. Nata per necessità, si è trasformata in orgoglio gastronomico. E non è difficile capire perché: sapori decisi, brodo che sa davvero di mare, pane casereccio abbrustolito e olio buono sopra.

Quali sono gli ingredienti
Come riportato da AMPO Cibo Today, la quatarà di Porto Cesareo affonda le sue radici nell’Ottocento, quando i pescatori salentini, tornati a riva con pesci rotti, morsi o feriti (detti chiattisciati), decisero di non buttare nulla. Mettevano tutto nella famosa quatara insieme ad acqua di mare, cipolla, prezzemolo, aglio e pomodori gialli appena raccolti. E così, con un fuoco lento e pochi ingredienti, nasceva una delle zuppe più intense del Mediterraneo.
Ogni mestolata era diversa, ogni giorno un mix nuovo: se c’erano polpi, si mettevano; se c’erano scorfani, meglio ancora. Nonostante la sua umile origine, nel 2025 il piatto ha ottenuto un traguardo di tutto rispetto: è stato inserito dal Ministero delle Politiche Agricole tra i Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT).