Mediterraneo, è allerta estinzione di massa | Dobbiamo abituarci all’idea di dire addio al tonno: troppo calde le acque

Allerta Mediterraneo (Canva) - marinecue.it
Il Mar Mediterraneo sta lanciando segnali alquanto preoccupanti. Per questo, è necessario scoprire subito cosa sta succedendo.
Il cambiamento climatico è un fenomeno globale, che sta modificando il nostro ambiente in modo rapido e spesso imprevedibile. Manifestandosi con un aumento delle temperature medie, eventi meteorologici estremi, e alterazioni negli ecosistemi.
Una delle cause principali è sicuramente l’aumento dei gas serra nell’atmosfera, prodotti soprattutto dall’attività umana. L’uso intensivo di combustibili fossili come carbone, petrolio e gas, libera nell’aria anidride carbonica e metano, i quali intrappolano quindi il calore solare.
E anche la deforestazione, contribuisce a questo processo, riducendo infatti la capacità delle foreste di assorbire CO₂. Inoltre, l’agricoltura intensiva e alcune pratiche industriali, aumentano ulteriormente le emissioni nocive.
In sintesi, quindi, possiamo dire che il cambiamento climatico è il risultato di una combinazione di fattori naturali e delle attività umane. E comprenderne le cause è fondamentale, per poter agire e limitare gli impatti negativi sull’ambiente e sulla nostra vita quotidiana.
Le conseguenze per il Mediterraneo
Le ondate di calore nel Mediterraneo, son sempre più frequenti e intense, con effetti negativi sulla fauna marina e sull’economia legata alla pesca. Lo stress termico, non a caso, provoca una riduzione fino al 30% della capacità riproduttiva di molte specie ittiche, portando dunque a un calo delle attività di pesca – che può raggiungere il 40%, in alcune aree. E a queste problematiche, si aggiunge la crescente presenza di specie aliene che, entro cinque anni, potrebbero costituire una su tre, nelle reti da pesca. Dati che riportati da “Confcooperative Fedagripesca”, testimoniano le difficoltà degli ecosistemi marini ad adattarsi al cambiamento climatico.
Fra i pesci più a rischio, ci son sicuramente lo spada, il tonno rosso, la lampuga, le sardine e la ricciola, specie che vivono in acque superficiali e sono, perciò, più esposte alle variazioni di temperatura. Dal 1940, le ondate di calore marine si son triplicate, con un aumento medio della temperatura del Mediterraneo, di 5,5 °C rispetto all’era preindustriale. Tanto che, secondo il rapporto di Copernicus, entro il 2100 questi eventi saranno fino a 50 volte più frequenti, e 10 volte più intensi. E come sottolineato da Fedagripesca, quasi il 6% delle specie mediterranee son oggi aliene a causa, appunto, dal riscaldamento.

Gli habitat in crisi
L’innalzamento della temperatura delle acque, compromette purtroppo interi habitat marini. Al punto che pesci temperati come sardine e acciughe, migrano poi verso nord, in cerca di condizioni più favorevoli. Nel contempo, la proliferazione delle alghe fa aumentare le specie erbivore, mentre le specie carnivore, come squali, cernie e dentici, diminuiscono invece a causa della scarsità di prede, e dello stress termico.
Come riporta lasicilia.it, il cambiamento climatico rappresenta infatti una sfida complessa che richiede interventi coordinati per mitigarne gli effetti, e tutelare la biodiversità marina. Nondimeno, ricerca e gestione sostenibile delle risorse ittiche, saranno fondamentali per garantire un futuro equilibrato agli ecosistemi del Mediterraneo, e alle comunità che da essi dipendono.