È catastrofe ambientale, non si può tornare indietro | Invasione dall’Asia: le nostre specie sono in pericolo

Invasione alghe (Canva foto) - www.marinecue.it
Spiagge sommerse, ecosistemi alterati e una minaccia silenziosa che avanza dal mare: cosa sta succedendo in fondo al mare.
Tra le insidie meno visibili che colpiscono il Mediterraneo, c’è un pericolo che non si manifesta con rumore, ma con una presenza silenziosa e pervasiva. Sulle coste meridionali della Spagna, sempre più residenti e turisti si trovano a fare i conti con un paesaggio stravolto, dove il mare restituisce qualcosa che non gli apparteneva.
Il fenomeno non è nuovo, ma solo di recente ha assunto dimensioni tali da rendere impossibile l’indifferenza. Alcune località iconiche dell’Andalusia, da tempo sinonimo di bellezza naturale e turismo sostenibile, stanno affrontando una trasformazione profonda che mette in crisi l’equilibrio tra uomo e ambiente. La questione non riguarda più solo la pulizia delle spiagge, ma l’identità stessa del territorio.
In particolare, località come Tarifa e Cadice si trovano al centro di un’emergenza che modifica l’esperienza quotidiana dei residenti e incide direttamente sull’economia del luogo.
Il turismo, che costituisce una delle principali risorse della regione, sta subendo le conseguenze di un’invasione inaspettata, che si manifesta sotto forma di mucchi d’alga marcescente.
La minaccia nascosta dietro le mareggiate
Come riferisce Euronews, da maggio 2025 oltre 1.200 tonnellate di alghe sono state rimosse dalle spiagge di Cadice, con picchi giornalieri di 78 tonnellate. L’origine di questo fenomeno è legata alla specie Rugulopteryx okamurae, alga asiatica trasportata probabilmente attraverso le acque di zavorra delle navi. In dieci anni ha conquistato le coste spagnole e minaccia la biodiversità autoctona, eliminando le specie algali originarie e compromettendo l’equilibrio ecologico.
Il suo impatto non è solo ambientale: pesca e turismo sono le prime vittime. Le alghe si aggrovigliano alle reti, ostacolano le attività marittime e riducono l’ossigeno nell’acqua, mentre l’odore sgradevole e l’aspetto delle spiagge disincentivano l’arrivo dei visitatori. Gli esperti sottolineano che, nella fase iniziale, era possibile contenere la diffusione. Ora, con la massa vegetale già presente in mare, ogni intervento appare tardivo.

Una catastrofe annunciata che ora cerca soluzioni
L’invasione è ormai definita dagli ecologisti come una catastrofe ambientale. A La Caleta, l’alga ha soppiantato intere comunità di piante autoctone, e la mancanza di predatori naturali rende la sua diffusione ancora più aggressiva. La sua capacità di riprodursi in più modi e di assorbire tossine ambientali la rende praticamente inestirpabile. Secondo il professor Juan José Vergara, ciò che arriva a riva è solo una frazione della biomassa presente in mare.
Le autorità stanno valutando l’ipotesi di riutilizzare l’alga come biomassa per fini energetici, nonostante i vincoli della normativa spagnola. Un piano regionale prevede ora azioni di ricerca, sensibilizzazione e monitoraggio.