Campi Flegrei, il supervulcano che fa paura a tutti offre una prelibatezza in cucina | Questa è la cozza migliore al mondo: non ha eguali

Illustrazione di una solfatara (Canva FOTO) - marinecue.it

Illustrazione di una solfatara (Canva FOTO) - marinecue.it

Nei pressi del famosissimo vulcano, non si parla solo di aree distrutte, ma esistono anche alimenti molto buoni nei pressi dei vulcani.

In prossimità dei vulcani, la natura dà il meglio di sé anche a tavola. I terreni vulcanici, ricchi di minerali, sono estremamente fertili e favoriscono la crescita di colture dal sapore intenso e genuino. È proprio lì che nascono alcuni degli alimenti più apprezzati al mondo.

Pensiamo all’Etna: le sue pendici regalano vini pregiati, pistacchi di Bronte, olive saporite e miele dai profumi unici. Ma anche frutti come arance, mele e fichi d’India, che in quelle condizioni crescono con una marcia in più

Non mancano nemmeno le eccellenze animali. In queste zone, spesso isolate e meno urbanizzate, si allevano razze locali e si producono formaggi artigianali, carni e salumi dal gusto autentico. 

Dalle Hawaii all’Islanda, fino alle isole italiane come Stromboli o Pantelleria, i vulcani non sono solo spettacolari da vedere: sono anche alleati preziosi per una cucina ricca, varia e sorprendentemente legata al territorio.

Il cuore salato dei Campi Flegrei

Nei Campi Flegrei, il mare non è solo un paesaggio: è una fonte viva, pulsante, che da secoli dà da mangiare e identità. E tra le sue meraviglie, le cozze giocano un ruolo speciale. Parliamo di quelle di Bacoli e Capo Miseno, che hanno qualcosa in più, un sapore deciso, quasi rude, che racconta storie antiche e mani esperte. Non sono semplici mitili, ma il frutto di un lavoro meticoloso che comincia molto prima di arrivare nei piatti.

Come riportato da Cibo Today, qui si coltivano ancora come si faceva un tempo: con reti di plastica legate a pali di legno, oppure sospese su funi agganciate a boe. Tutto è fatto a mano, dal recupero alla pulizia, fino alla depurazione e alla preparazione per la vendita. Una filiera corta, ma intensa, in cui ogni passaggio è curato da persone che conoscono il mare metro per metro.

Illustrazione di alcune cozze (Pixabay foto) - www.marinecue.it
Illustrazione di alcune cozze (Pixabay foto) – www.marinecue.it

Un mestiere che sa di storia e fatica

Come riportato da Cibo Today, quella delle cozze nei Campi Flegrei non è solo una produzione locale: è un’eredità viva. I primi a coltivarle furono i popoli pre-greci, ma furono i Romani a renderle famose in tutto il Mediterraneo. Le cozze e le ostriche del Lago Fusaro e di Capo Miseno erano così apprezzate che finivano persino incise sulle monete.

Da allora, la mitilicoltura è rimasta un simbolo forte della zona, un’attività che ha resistito al tempo e ai cambiamenti. Una figura emblematica di questo mondo è Bartolo Carannante, uno degli ultimi veri cozzari di Bacoli. I suoi mitili restano in acqua dai 12 ai 16 mesi, protetti da reti che tengono lontani i predatori. Alla fine del ciclo, vengono selezionati e “sgranati” a mano.