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Dalle Galapagos al futuro del pianeta: perché proteggere gli oceani conviene a tutti

Le isole Galapagos ci forniscono dati molto interessanti per quanto riguarda la salvaguardia degli oceani. Tutti sono coinvolti!

All’inizio del secolo scorso, l’idea di proteggere tratti di oceano sembrava quasi fantascienza, e negli ultimi anni invece si tratta di una realtà tangibile, da salvaguardare. La fonte originaria di tutti i dati che riguarderanno la salvaguardia degli oceani sono stati estrapolati dalla pubblicazione sul TIME Magazine, scritto a quattro mani dalle autrici Bertarelli, D. & Schmidt, W. (The Ocean Still Holds Mysteries. That’s Why We Must Save It, 2025).

Oggi  l’oceano è diventato un perno della vita economica globale: ci dà da mangiare, offre posti di lavoro, trasporta merci, attira turisti… e nel frattempo ci regala anche scoperte scientifiche spettacolari. Dai farmaci ai robot ispirati agli animali marini, fino alla tecnologia spaziale. Eppure, per quanto si sia già fatto, la corsa a esplorare e proteggere il mare è tutt’altro che finita.

Grazie all’iniziativa ONU “Decennio della scienza oceanica” avviata nel 2021, l’obiettivo è ambizioso: mappare l’intero fondale marino e catalogare 100.000 nuove specie entro il 2030. Durante la recente Conferenza ONU sugli Oceani, si sono fatti passi avanti su vari fronti: finanziamenti, sospensione dell’estrazione mineraria in alto mare, nuove aree protette e il Trattato sull’Alto Mare per tutelare la biodiversità in acque internazionali.

Tuttavia, la strada è lunga. Il mare rimane in gran parte sconosciuto e ancora fragile. Serve mantenere alta l’attenzione, continuare a esplorare e proteggere. 

Proteggere il mare conviene a tutti

Come riportato sul TIME, negli ultimi vent’anni, una montagna di studi ha dimostrato che proteggere le acque marine fa bene non solo all’ambiente, ma anche a chi ci vive intorno. Per esempio, citano i grandi tonni migratori, come il pinna gialla e il bigeye: solo loro valgono per esempio 40 miliardi di dollari a livello globale. 

Il problema? Nonostante tutto questo, ci sono segnali preoccupanti: l’oceano si riscalda, alcune aree protette vengono ridimensionate, e i progressi sono fragili. Ma qualcosa si muove. Fondazioni come la Schmidt Ocean Institute, Schmidt Sciences e Bertarelli Philanthropy (guidate dalle autrici dell’articolo) stanno investendo in ricerca e tutela del mare. E l’elemento chiave è proprio la collaborazione tra pubblico e privato, che può trasformare la scienza marina in azione concreta.

Illustrazione di un mare protetto (Canva FOTO) – marinecue.it

Le Galápagos mostrano…il futuro

Le autrici dell’articolo sul TIME prendono come esempio un vero e proprio “caso studio”. Le acque delle isole Galápagos, famose per Darwin e per la biodiversità unica, sono protette da 50 anni. Oggi, la riserva è gestita dallo Stato insieme a scienziati e pescatori locali. Ma, recentemente, il Paese ha ampliato l’area protetta di oltre 60.000 km², grazie a una partnership con Costa Rica, Colombia e Panama.

L’accordo è stato reso possibile anche da una ristrutturazione del debito: 1,6 miliardi convertiti in un prestito da 656 milioni, di cui 12 milioni l’anno andranno alla conservazione marina. E da ciò possono nascere nuove scoperte scientifiche. Per esempio, la Schmidt Ocean Institute ha esplorato i fondali intorno alle Galápagos con la nave da ricerca Falkor (too). I risultati? Due barriere coralline e un campo idrotermale mai visti prima. 

Mattia Paparo

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