Le navi stanno distruggendo tutto | Non solo i piccoli pesci: gli urti stanno decimando anche i capodogli

Illustrazione di un ecosistema distrutto (Canva FOTO) - marinecue.it

Illustrazione di un ecosistema distrutto (Canva FOTO) - marinecue.it

Le navi sono molti utili per l’uomo, ma il più delle volte mettono a rischio gli ecosistemi portandoli al collasso.

Le navi, soprattutto quelle di grandi dimensioni, possono avere un impatto ambientale significativo. Tra i danni più evidenti c’è l’inquinamento marino causato dal rilascio di carburanti, oli e acque di zavorra, spesso cariche di sostanze tossiche o specie aliene.

Anche le emissioni atmosferiche non sono da sottovalutare: molte imbarcazioni usano carburanti pesanti, ricchi di zolfo, contribuendo all’inquinamento dell’aria e al cambiamento climatico. In alcune aree portuali, l’aria può risultare più inquinata a causa del traffico navale che delle auto.

Sul fronte del rumore, le eliche e i motori disturbano la fauna marina, in particolare cetacei e pesci che si orientano con i suoni. Questo può interferire con la caccia, la comunicazione o le rotte migratorie.

Infine, gli incidenti non sono rari: affondamenti, urti con scogliere o barriere coralline, perdite di carico. Eventi del genere possono danneggiare ecosistemi fragili e avere effetti a lungo termine.

Un equilibrio che si spezza

È facile pensare che il mare sia immenso e che ci sia spazio per tutti. Navi, barche, animali. E invece no. Nelle acque qualcosa si sta rompendo, e lo si percepisce chiaramente guardando cosa sta succedendo ai capodogli. Creature imponenti, lente, abituate a muoversi in profondità e silenzio. Oggi si trovano in un ambiente che non riconoscono più, dove il “ruggito” dei motori ha preso il posto del suono delle onde.

Questi cetacei sono sempre stati parte integrante della biodiversità marina, soprattutto in certi tratti molto conosciuti. Ma qualcosa è cambiato. Si muore, troppo spesso e troppo in fretta. E non per vecchiaia o malattie naturali. Si muore per colpa delle navi. Gli scontri sono diventati quasi inevitabili e, a quanto pare, anche i pochi tentativi di protezione attuati finora non stanno funzionando. 

Illustrazione di un Capodoglio (Canva FOTO) - marinecue.it
Illustrazione di un Capodoglio (Canva FOTO) – marinecue.it

Una situazione catastrofica

Come riportato da Leggo Tenerife, secondo i dati riportati dal Centro oceanografico delle Canarie (IEO/CSIC) e dall’Università di La Laguna, due capodogli (una femmina adulta lunga nove metri e un giovane maschio) sono morti in seguito a collisioni con imbarcazioni nei mari delle Canarie. Non è un caso isolato. La popolazione locale si è letteralmente dimezzata negli ultimi anni. E il problema, purtroppo, è ancora più profondo: i capodogli non si riproducono con facilità.

Una femmina può avere solo una decina di piccoli nell’arco di tutta la vita, dopo quasi un anno e mezzo di gestazione e con lunghi anni di cure. Perdere anche un solo esemplare significa mettere a rischio un’intera generazione. E le navi, rispetto a cinquant’anni fa, sono triplicate in numero e raddoppiate in velocità, e di conseguenza sono aumentate anche le collisioni. Purtroppo, le Canarie, rappresentano un’area chiave per la loro riproduzione nell’Atlantico orientale