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Da dove arriva la vita nei canyon sottomarini dell’Antartide? Un nuovo studio svela le origini della biodiversità abissale

L’Antartide è un continente straordinario, un ambiente estremo ricco di biodiversità marina. Ma da dove arriva esattamente?

Ci sono luoghi che sembrano fatti apposta per attirare la vita. È il caso del Palmer Deep, un canyon sottomarino nei pressi della Penisola Antartica, noto per ospitare colonie di pinguini e per l’incredibile concentrazione di biomassa nelle sue acque. Ma da dove viene tutto questo nutrimento? Un team di ricercatori ha deciso di scoprirlo e, come spesso accade nella scienza, la risposta non è così semplice come si pensava.

Fino a poco tempo fa si riteneva che i fitoplancton responsabili di questa ricchezza fossero “fatti in casa”, ovvero cresciuti direttamente nel canyon grazie all’upwelling di acque ricche di nutrienti. Ma uno studio del 2025 ha iniziato a smontare questa idea. Pare infatti che le correnti siano più veloci della capacità dei fitoplancton di moltiplicarsi, il che vuol dire che gran parte del nutrimento viene trasportato da altre zone. In pratica, il Palmer Deep sarebbe più una sorta di “supermercato marino” che una “fattoria”.

Il bello è che questa scoperta ha richiesto strumenti parecchio sofisticati: radar ad alta frequenza per misurare le correnti e immagini satellitari per monitorare i livelli di clorofilla, l’indicatore principale della presenza di fitoplancton. E non è finita qui. I ricercatori hanno confrontato dati raccolti a ore e giorni di distanza per capire se la biomassa aumentasse localmente o arrivasse da fuori. La risposta? Entrambe le cose, ma in zone diverse del canyon.

Il lato occidentale, in particolare, sembra ricevere un vero e proprio carico di fitoplancton portato dalle correnti oceaniche, mentre sul lato orientale c’è più probabilità che il fitoplancton si sviluppi direttamente in loco. Insomma, un mix di dinamiche che rendono il canyon un luogo straordinario sia per la biologia che per l’oceanografia.

Dinamiche nascoste tra le onde

Il lavoro di McKee e colleghi ha analizzato in dettaglio la circolazione delle acque e la distribuzione della clorofilla nel Palmer Deep. Hanno osservato che l’accumulo di fitoplancton è legato anche alla rotazione dell’acqua: quando le particelle d’acqua si muovevano con una rotazione ciclonica (in senso orario nell’emisfero sud), tendevano ad arricchirsi di clorofilla. Al contrario, i movimenti anticitlonici sembrano associati a una diminuzione della biomassa.

Inoltre, grazie al tracciamento delle particelle d’acqua, è emerso che le traiettorie si allineano con vortici persistenti, come un ciclone semi-permanente nella parte centrale ed est del canyon. Sul lato ovest, invece, un anticiclone allungato sembra essere responsabile della dispersione. Questa differenza potrebbe spiegare perché specie diverse di pinguini preferiscano aree opposte del canyon: gli Adelia a ovest, i Gentoo a est (Cimino et al., 2016).

Illustrazione dei canyon (McKee et al., 2025 FOTO) – marinecue.it

Quindi, da dove arriva il tutto?

Lo studio ha messo in discussione l’idea che il Palmer Deep sia alimentato esclusivamente da processi locali. L’analisi del bilancio della clorofilla superficiale ha mostrato che il trasporto orizzontale (advezione) domina nel lato occidentale, dove i gradienti di clorofilla sono più marcati, mentre il lato orientale vede un ruolo più rilevante delle fonti locali (termine lagrangiano).

Nonostante i dati non consentano di distinguere del tutto tra accumulo biologico vero e proprio o riorganizzazione fisica delle acque superficiali, emerge chiaramente che i moti verticali giocano un ruolo fondamentale nella struttura dell’ecosistema. Questo porta a rivedere la visione classica del canyon come ambiente puramente advettivo. In realtà, i movimenti dell’acqua non solo trasportano nutrienti ma possono anche stimolare la crescita locale di fitoplancton, rendendo il Palmer Deep un perfetto esempio di interazione tra fisica e biologia marina (Mckee et al., 2025).

Mattia Paparo

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