Pescherie, attenzione massima a quello che compri | Mancano le etichette e finisci col mangiare squali

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Attenzione pescheria (Canva FOTO) - marinecue.it

Tra i banchi del pesce si nascondono prodotti insospettabili: senza etichette chiare, la trasparenza resta un miraggio

Il profumo del pesce fresco, la luce dei banchi refrigerati e le promozioni che promettono qualità a prezzi convenienti: per molti consumatori, fare la spesa al supermercato è un gesto quotidiano, ripetuto con fiducia.

Ma non sempre ciò che si acquista corrisponde a ciò che si pensa di portare in tavola. Dietro nomi rassicuranti o generici, si celano talvolta specie marine di cui si conosce poco o nulla.

Sono sempre di più le voci che chiedono attenzione su cosa finisce nei carrelli, soprattutto nel reparto pescheria. Non si tratta solo di qualità o freschezza, ma della corretta informazione sull’origine e sulla natura dei prodotti.

Il consumatore, infatti, ha spesso un ruolo passivo, affidandosi alle etichette e ai nomi riportati sulle confezioni, convinto che basti leggere per sapere davvero cosa si sta acquistando.

L’importanza delle etichette in pescheria

Il problema è che leggere, a volte, non basta. Le diciture sono spesso vaghe, ambigue o tradotte in modo da rendere irriconoscibile l’effettiva specie marina. Non è raro imbattersi in termini come “verdesca” o “palombo”, nomi che in pochi associano agli squali. E così, senza volerlo, si finisce per contribuire a un sistema di consumo che ha ricadute pesanti sull’ambiente marino.

Lungo le coste italiane, la presenza di questi prodotti è più comune di quanto si creda. Il fatto che il loro commercio sia legale non significa che sia esente da conseguenze. Anzi, proprio la mancanza di chiarezza normativa rende difficile per i consumatori fare scelte consapevoli. Il danno, nel lungo periodo, può essere tanto per l’ecosistema quanto per la fiducia stessa nel sistema di vendita alimentare.

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Banco pescheria (Canva FOTO) – marinecue.it

Etichette ingannevoli e consumo inconsapevole

Come segnala l’Unita Tv, in Italia la carne di squalo è regolarmente presente nei supermercati, spesso venduta senza che il cliente se ne accorga. Dal 2009 al 2021, il nostro Paese ha importato quasi 98 mila tonnellate di carne di squalo, piazzandosi tra i primi tre al mondo in questa filiera. Le specie vendute includono il blue shark e il mako pinna corta, animali al vertice della catena alimentare la cui riduzione ha effetti a catena sull’equilibrio degli oceani.

Dietro questa pratica c’è un meccanismo perfettamente legale ma scarsamente regolato. Le etichette non indicano quasi mai la specie esatta o lo stato di conservazione. La carne, presentata con nomi alternativi, passa inosservata e finisce sulle tavole italiane senza che si conosca il suo impatto ecologico. La pesca intensiva uccide circa 100 milioni di squali ogni anno, ma questa realtà resta invisibile nel banco del pesce. Serve un cambio di passo nella comunicazione e nella trasparenza, per permettere scelte alimentari davvero consapevoli.