Oceani, è tutto in rovina | Gli ecosistemi marini stanno scomparendo del tutto: addio coralli, ostriche e cozze

Illustrazione di un oceano in rovina (Canva FOTO) - marinecue.it
Gli oceani ormai sono agli sgoccioli, e basta veramente poco per perderli per sempre. E’ un problema che riguarda tutti!
Gli ecosistemi marini stanno attraversando una fase critica, minacciati da fattori che si sono sommati negli ultimi decenni. Cambiamenti climatici, inquinamento e pesca eccessiva stanno alterando profondamente l’equilibrio degli oceani, con conseguenze che si riflettono sull’intero pianeta.
L’aumento delle temperature marine provoca lo sbiancamento dei coralli, altera le rotte migratorie di molte specie e riduce la disponibilità di ossigeno in profondità. A tutto questo si aggiunge l’acidificazione degli oceani, causata dall’assorbimento di CO₂, che compromette la vita di molluschi, plancton e altri organismi chiave.
Anche la plastica gioca un ruolo devastante. Dai microplastiche ingerite dai pesci fino ai rifiuti che soffocano fondali e coste, l’inquinamento minaccia biodiversità e catene alimentari. Alcune zone sono già diventate vere e proprie “zone morte”, prive di vita.
Nonostante il quadro preoccupante, esistono segnali di speranza: aree marine protette, progetti di riforestazione subacquea e politiche internazionali mirate possono ancora invertire la rotta. Ma serve un impegno globale, urgente e concreto.
Un mare che cambia…
L’oceano sembra sempre lo stesso, calmo in superficie, profondo e misterioso sotto. Ma sotto sotto, qualcosa sta cambiando in fretta. Ed è un cambiamento che non si vede a occhio nudo, ma che sta già facendo danni. Si chiama acidificazione: succede quando il mare assorbe troppa anidride carbonica (CO₂) dall’atmosfera, abbassando il proprio pH. Risultato? L’acqua diventa meno alcalina, più “acida”.
E questa acidità in più ha un effetto concreto: mette in difficoltà tutti quegli organismi che usano il carbonato di calcio per costruire il proprio guscio o scheletro. Parliamo di molluschi, crostacei, coralli, plancton… insomma, di una fetta enorme della vita marina. E il problema non è più teorico. Secondo uno studio citato da Libero Tecnologia, la soglia considerata “sicura” è stata superata già intorno al 2020, con alcune zone in cui la disponibilità di carbonati è calata del 20% a circa 200 metri di profondità (Fonte: Tecnologia Libero).

Gli effetti non sono…lontani
Le conseguenze? Beh, sono già lì da vedere. Le barriere coralline, ad esempio, stanno cedendo sotto la pressione combinata dell’acidità e del riscaldamento delle acque. I coralli si sbiancano, la struttura si indebolisce, interi ecosistemi rischiano di crollare come castelli di sabbia. E non va meglio per gli altri abitanti del mare: molluschi e plancton, specie fondamentali anche per la pesca e la catena alimentare, faticano a sopravvivere in queste condizioni.
Il quadro non è incoraggiante, ma ignorarlo sarebbe il vero errore. Gli scienziati sono chiari: se non si interviene in modo deciso, il processo potrebbe diventare irreversibile. Serve ridurre in fretta le emissioni globali di CO₂, ma anche proteggere attivamente le aree marine più vulnerabili e incentivare pratiche di pesca sostenibile. È un lavoro immenso, sì, ma necessario (Fonte: Tecnologia Libero).