Scoperti 230 virus giganti negli oceani: il loro ruolo chiave negli ecosistemi marini

Illustrazione di un virus (Canva FOTO) - marinecue.it

Illustrazione di un virus (Canva FOTO) - marinecue.it

Questa ricerca è straordinaria in quanto hanno scoperto più di duecento virus “giganti”, e che svolgono un ruolo molto importante.

Negli ultimi anni si è parlato tanto di virus, ma c’è una categoria che resta poco nota anche ai più appassionati di microbiologia: i giant viruses, o virus giganti. Parliamo di entità virali con genomi enormi e strutture tanto grandi da poter essere viste persino al microscopio ottico. Non male per qualcosa che, almeno fino a qualche decennio fa, si credeva fosse minuscolo e semplice.

Questi virus non solo hanno dimensioni impressionanti (alcuni raggiungono i 2 micrometri e contengono oltre 2,5 milioni di basi), ma nascondono nel loro DNA un repertorio di geni così variegato da sembrare più simile a quello di un piccolo organismo cellulare che a un virus. Sono diffusi ovunque, ma negli oceani svolgono un ruolo tutt’altro che marginale: influenzano le reti trofiche microbiche e partecipano attivamente ai cicli biogeochimici.

Nonostante il loro potenziale impatto, finora avevamo un numero piuttosto limitato di genomi ben documentati: solo circa 200 da isolati coltivati. Un numero minuscolo se confrontato con i 600.000 genomi batterici oggi disponibili. Ma le cose stanno cambiando, e anche piuttosto in fretta. Grazie all’utilizzo di metagenomica ambientale, sono già stati recuperati oltre 1800 nuovi genomi virali giganti dagli oceani del mondo.

Uno studio pubblicato nell’aprile 2025 su npj Viruses ha dato un’ulteriore spinta in questa direzione, presentando ben 230 nuovi genomi virali giganti di alta qualità e altri 398 parziali, ottenuti da nove dataset oceanici diversi. E tra tutti, il Mar Baltico, un bacino semi-salato spesso trascurato, si è rivelato una vera miniera d’oro genetica.

Da dove arrivano e cosa ci dicono

Utilizzando lo strumento BEREN, i ricercatori hanno analizzato le sequenze metagenomiche e recuperato genomi virali da tutti gli ordini principali conosciuti dei GV (Giant Viruses), ma la maggior parte proveniva da due gruppi: Algavirales e Imitervirales. Il Mar Baltico ha fornito oltre 100 genomi completi e altri 200 parziali, segno che anche ambienti meno salati e più chiusi possono ospitare un’enorme biodiversità virale. Interessante notare che, laddove erano disponibili dati sulla profondità, i GV si concentravano perlopiù nei primi 100 metri d’acqua, ad eccezione di un paio di casi in ambienti idrotermali (Minch et al., 2025).

Le dimensioni dei genomi variavano molto: da 50.000 a oltre 1,3 milioni di basi, con una media attorno ai 211.000 bp (bp è l’abbreviazione di “base pairs”, cioè “coppia di basi”. E’ la principale unità di misura utilizzata proprio per misurare i genomi). Non sorprende che i Algavirales, che di norma hanno genomi più grandi, si spingessero fino a 362.000 bp di media. Ma le sorprese non finiscono qui. Anche la composizione chimica delle proteine codificate ha rivelato differenze curiose: i virus del gruppo Pandoravirales, ad esempio, avevano la più alta percentuale di azoto per catena laterale, mentre i Mirusviricota eccellevano per contenuto di zolfo (Minch & Moniruzzaman, 2025).

Illustrazione degli ordini e delle località studiate (Minch et al., 2025) - sciencecue.it
Illustrazione degli ordini e delle località studiate (Minch et al., 2025) – marinecue.it

Funzioni nuove, strategie virali e impatto ecologico

Dal punto di vista funzionale, lo studio ha mostrato un netto divario tra Imitervirales e Algavirales. I primi, pur avendo genomi leggermente più piccoli, codificano molti più geni legati al metabolismo: glicolisi, ciclo di Krebs, trasporto di nutrienti e persino riparazione del DNA. I Algavirales, invece, sembrano meno equipaggiati da questo punto di vista. Ma attenzione, non è detto che “più geni” significhi “più efficacia”: potrebbe trattarsi semplicemente di due strategie diverse. Magari gli Imitervirales si sono adattati a infettare ospiti più lenti o meno efficienti, per cui devono “dare una mano” al metabolismo cellulare per assicurarsi una replicazione di successo.

Un’altra scoperta notevole riguarda i geni legati alla fotosintesi. I ricercatori hanno identificato centinaia di nuove proteine, molte delle quali con funzioni mai viste prima nei virus giganti, incluse alcune coinvolte nei fotosistemi I e II, nei complessi del citocromo b6f e nella sintesi dell’ATP. Tali geni erano spesso situati su contig contenenti anche altri geni virali noti, suggerendo che non si tratta di contaminazioni, ma di veri e propri tratti funzionali virali. La maggior parte di queste novità è emersa da genomi provenienti da regioni fredde (Baltico, Artico e Antartide) a conferma del fatto che i virus giganti dei poli hanno repertori genetici unici e adattati a condizioni estreme (Minch & Moniruzzaman, 2025).