Acciughe, in Italia scatta l’allarme | Il mare è troppo caldo e stanno fuggendo: le previsioni sono catastrofiche

Acciughe e uomo preoccupato

Acciughe e uomo preoccupato (Canva-Depositphotos foto) - www.marinecue.it

L’allarme diventa sempre più serio. Sono le conseguenze dirette di un problema troppo a lungo ignorato. Nel futuro c’è da aspettarsi il peggio

Il cambiamento climatico è in grado di produrre un impatto determinante anche sugli ecosistemi marini del globo intero. Il principale risvolto negativo conseguente al riscaldamento globale è l’aumento della temperatura in mari e oceani.

Questo perché l’effetto serra conduce ad un progressivo riscaldamento delle acque, il che si riflette negativamente sugli ecosistemi marini, dunque sui loro abitanti, nonché sulle distribuzioni delle specie.

Le emissioni antropiche portano gli oceani ad assorbire anidride carbonica in enormi quantità; ciò si traduce nel processo di acidificazione dell’acqua marina, che pone in serio rischio l’esistenza e la sopravvivenza dei viventi delle profondità.

Problemi che si riversano direttamente sulla vita umana, come nel caso dell’innalzamento del livello del mare, causato soprattutto dallo scioglimento dei ghiacciai anche presso le latitudini tradizionalmente più fredde.

Effetti devastanti e già perfettamente evidenti

L’ecosistema biologico del Mar Mediterraneo risulta essere sempre maggiormente minato dai devastanti effetti del cambiamento climatico, a partire dalla riduzione progressiva delle correnti marine, oltre che dell’aumento della temperatura nelle profondità. E’ la situazione di enorme disagio che sta interessando le acciughe, costrette ad un vero e proprio esodo, alla ricerca di acque più gradevoli e profittevoli in termini di nutrimento.

Ad essere stato attenzionato dai biologi marini è il processo dell’upwelling, che consiste nella presenza, per l’appunto, di correnti in grado di trasportare fino alla superfice le acque site in profondità, che risultano essere maggiormente fresche e ricche di nutrienti; parliamo di un fenomeno determinante per l’alimentazione del fitoplancton, che rappresenta l’elemento alla base della catena alimentare marittima, in assenza del quale tutte le altre forme di vita non riuscirebbero a sopravvivere.

Acciughe
Secchio di acciughe (Depositphotos foto) – www.marinecue.it

Un disagio più diffuso del previsto

Il vicepresidente di Confcooperative – Fedagripesca, Paolo Tiozzo, ha trattato apertamente la serietà della problematica, indicando il rischio, entro il 2050, di assitere una riduzione pari al 20% dell’upwelling, potenzialmente in grado di produrre effetti deleteri per gli ecosistemi e per l’interezza delle comunità terrestri site sulla costa, per le quali l’attività ittica rappresenta la principale fonte di sostentamento. Considerate, infatti, che globalmente parlando soltanto l’1% della totalità delle zone oceaniche è caratterizzata dal verificarsi dell’upwelling, ma di come paradossalmente questo fenomeno sia in grado di fornire circa il 50% del pescato mondiale. Per quanto concerne lo scenario italiano, tale problematica sta riguardando aree specifiche, da sempre legate a doppio filo all’attività ittica, come lo Stretto di Messina e il Canale di Sicilia.

Ma il disagio non si limita unicamente al Mediterraneo; pensate che nel Canale della Manica, come riportato anche dal Giornale di Sicilia, i pescatori britannici si stiano trovando dinnanzi ad un aumento record in termini di cattura dei polpi. Comparando il medesimo periodo della stagione di pesca con la precedente annata, infatti, si sono registrati picchi fino a 240 volte in più, chiaro sintomo della presenza estremamente più densa e frequente di questa specie nell’area designata, presumibilmente dato l’aumento delle temperature nel tratto marittimo di provenienza, che ha costretto i polpi a raggiungere latitudini più fresche.