Pesci, tutto quelli che strano in tavola soffrono enormemente | Se conoscessi quello che accade, non ne mangeresti più

Illustrazione della sofferenza dei pesci (Canva FOTO) - marinecue.it

Illustrazione della sofferenza dei pesci (Canva FOTO) - marinecue.it

Anche i pesci soffrono, come tantissimi altri animali. Purtroppo alcune volte ignoriamo ciò che succede prima del loro arrivo in tavola.

I pesci, spesso considerati meno sensibili rispetto ad altri animali, provano dolore e stress in modo documentato dalla scienza. Studi neurobiologici dimostrano che possiedono recettori del dolore (nocicettori) e strutture cerebrali capaci di elaborare stimoli nocivi.

L’ambiente marino inquinato e il riscaldamento delle acque incidono direttamente sul loro benessere. L’ipossia (carenza di ossigeno), legata all’inquinamento e al cambiamento climatico, li costringe a vivere in condizioni sempre più difficili.

Anche le pratiche di pesca intensiva causano sofferenza: cattura, asfissia, manipolazione e stabulazione in condizioni estreme generano forti livelli di stress. Alcuni studi hanno rilevato alterazioni comportamentali e ormonali simili a quelle osservate nei mammiferi.

Infine, l’acidificazione degli oceani altera la percezione sensoriale dei pesci, interferendo con il loro orientamento e comportamento sociale. La scienza oggi ci dice con chiarezza che i pesci sentono, reagiscono e soffrono: riconoscerlo è il primo passo per proteggerli davvero.

Il dolore che non vediamo

Quando si pensa alla sofferenza animale, spesso si immaginano mammiferi o animali da allevamento. I pesci, invece, tendiamo a considerarli “diversi”, quasi distanti emotivamente. Eppure, proprio loro, quelli che finiscono silenziosi nei banchi del mercato o nei piatti, provano dolore. E non poco.

Uno studio pubblicato su Scientific Reports, come riportato da AGI, ha documentato cosa succede realmente a una trota iridea quando viene tolta dall’acqua: la sofferenza dura in media 10 minuti, ma può arrivare fino a 22, a seconda della temperatura dell’acqua e della stazza del pesce. Un tempo lunghissimo, se si considera che si tratta di agonia vera e propria, fatta di panico, spasmi e confusione (Fonte: AGI).

Illustrazione del pesce in tavola (Canva FOTO) - marinecue.it
Illustrazione del pesce in tavola (Canva FOTO) – marinecue.it

Cosa si può fare?

Come riportato da AGI, per analizzare tutto questo con metodo è stato utilizzato il Welfare Footprint Framework, una sorta di “orologio del dolore” che classifica in sequenza le fasi della sofferenza: panico, resistenza, cedimento neurologico. Il risultato? Secondo i ricercatori, per ogni chilo di peso, un pesce può accumulare circa 24 minuti di dolore misurabile. E non è tutto: la cattura stessa, il trasporto, le manipolazioni, sono spesso momenti di disagio ancora più forti dell’uccisione.

Ma c’è anche una buona notizia. Esistono già tecniche alternative più rispettose: ad esempio, lo stordimento elettrico, se ben fatto, riduce drasticamente la sofferenza. Anche lo stordimento percussivo (colpo secco al cranio) ha dimostrato efficacia in laboratorio, anche se non è sempre facile da applicare su larga scala. Ogni miglioramento, anche minimo, può significare minuti di dolore risparmiati per milioni di animali.