Oceani, c’è ancora speranza di salvarli | Ce la stanno mettendo tutta: via a plastica e rifiuti e più coralli

Illustrazione di un oceano pulito (Canva FOTO) - marinecue.it

Illustrazione di un oceano pulito (Canva FOTO) - marinecue.it

Salvare gli oceani è possibile, e sono già in atto tantissime attività che permetteranno di salvarli e di preservarli.

Salvare gli oceani è una delle sfide ambientali più urgenti del nostro tempo. Mari e oceani coprono oltre il 70% della superficie terrestre e svolgono un ruolo cruciale nella regolazione del clima, nella produzione di ossigeno e nel sostentamento della vita sulla Terra.

Purtroppo, l’inquinamento da plastica, la pesca eccessiva, l’acidificazione delle acque e il riscaldamento globale stanno mettendo seriamente a rischio questi ecosistemi. Interi habitat marini, come le barriere coralline, stanno scomparendo.

Proteggere gli oceani significa agire su più fronti: ridurre l’uso della plastica, istituire aree marine protette, regolamentare la pesca e tagliare drasticamente le emissioni di CO₂. Piccoli gesti individuali possono fare la differenza, ma servono anche scelte politiche e investimenti concreti.

Difendere il mare non è solo una questione ecologica, ma anche economica e sociale: milioni di persone, specie nei Paesi costieri, dipendono ogni giorno dalla salute degli oceani per il cibo, il lavoro e la sicurezza.

Perché il mare ci riguarda…

Quando si parla di oceani, spesso si pensa a qualcosa di lontano, quasi fuori portata. Onde, orizzonti infiniti, magari qualche vacanza al mare… ma in realtà sono molto più presenti nella nostra vita di quanto sembri. Gli oceani coprono oltre il 70% della superficie del pianeta e, incredibilmente, assorbono fino al 50% del nostro CO₂. 

Oltre a questo, sono fonte di cibo, regolano la temperatura globale e offrono lavoro a milioni di persone. Ma nonostante il loro ruolo vitale, spesso vengono trattati come se fossero inesauribili: svuotati da una pesca aggressiva, soffocati da plastica e microplastiche, riscaldati da un clima che cambia troppo in fretta. E così, pezzo dopo pezzo, il mare si sta indebolendo.

Illustrazione di un mare inquinato (Depositphotos FOTO) - marinecue.it
Illustrazione di un mare inquinato (Depositphotos FOTO) – marinecue.it

Cose semplici, impatti reali

Come riportato da GreenMe, la buona notizia è che qualcosa si può fare, e anche senza essere scienziati o attivisti a tempo pieno. È il caso dell’app Scubadvisor, che consente ai sub di segnalare rifiuti nei fondali, fornendo le coordinate a Marevivo per pianificare la rimozione (fonte: greenme.it). Oppure del progetto Coral Gardeners, nato dall’idea del giovanissimo Titouan Bernincot, che con un team motivato coltiva e reinnesta coralli in zone critiche, dalla Polinesia francese alle Fiji, usando anche l’intelligenza artificiale per monitorare i progressi.

E ancora, c’è The Ocean Cleanup, iniziativa fondata dall’olandese Boyan Slat, che grazie a barriere galleggianti sta rimuovendo enormi quantità di plastica da aree gravemente inquinate come la Great Pacific Garbage Patch, con l’obiettivo di eliminare il 90% dei rifiuti entro il 2040. Ma non sono solo le grandi tecnologie a fare la differenza: basti pensare alla piccola Thaaragai Aarathana, dieci anni appena, che insieme al padre si immerge per raccogliere rifiuti e sensibilizzare le scuole indiane sull’emergenza ambientale. Un impegno che ha portato anche alla realizzazione di un documentario educativo (Fonte: GreenMe).