Emerso in tutta la sua maestosità un relitto della Seconda Guerra Mondiale | Arricchisce il patrimonio immenso calabrese

Sub e relitti (Depositphotos foto) - www.marinecue.it
Un altro frammento di storia riaffiora dai fondali del Mare Ionio, riscrivendo la storia sommersa della Calabria.
La Calabria è una di quelle terre che non si finisce mai di scoprire. Ha qualcosa di selvatico e affascinante insieme, con quei paesaggi che sembrano usciti da un racconto antico e un mare che ogni tanto, quasi per capriccio, restituisce qualcosa. Laghi sommersi, reperti nascosti, relitti dimenticati: è come se il tempo lì sotto scorresse in modo diverso, più lento, più profondo.
Il Mare Ionio non è solo acqua e sabbia, ma anche memoria. Una memoria fatta di rotte dimenticate, battaglie mai raccontate davvero, storie finite troppo presto. C’è chi queste storie va a cercarsele con maschera, pinne e tanta pazienza. Non è facile: a volte serve scavare negli archivi prima ancora che nella sabbia. Ma quando si trova qualcosa… beh, allora cambia tutto.
Ci sono luoghi in cui ti senti fuori dal tempo. La costa orientale calabrese, quella grecanica per intenderci, è così. Spaccata, ruvida, assolata. I borghi sono lì, abbandonati ma vivi, come se aspettassero qualcuno. E sotto il mare, ancora di più. Tra fichi d’india e dune bruciate dal sole, succede qualcosa: il paesaggio ti cattura e ti fa restare.
Ogni immersione in queste zone è una scommessa. Il mare può sembrare calmo e poi cambiare faccia in un attimo. Eppure, chi lo conosce bene sa che proprio in quei momenti si aprono finestre uniche per scoprire l’invisibile. Così è successo a chi, passo dopo passo – anzi, metro dopo metro – ha seguito le tracce di un relitto sconosciuto, finché non ha trovato qualcosa di enorme.
Quel relitto che ora ha un nome
Sotto quei 105 metri c’è un pezzo di storia. Rimasto lì, in silenzio, finora. Ora però ha ritrovato la sua identità. Non è solo un relitto: è una memoria che torna viva, un tassello in più per ricostruire quello che il mare aveva nascosto.
Questa scoperta arricchisce – anzi, potenzia – il già enorme patrimonio sommerso calabrese. Tutto questo è raccontato anche nel libro “Nomade del profondo”, dove Alpini mette insieme avventura, ricerca e tanta passione.

Una verità sepolta riemerge con chiarezza
Come riporta Strettoweb, durante la rassegna “Mare Nord Est” a Trieste, Andrea Murdock Alpini ha raccontato l’ultima delle sue imprese. Una ricerca durata mesi – anzi, anni – tra vecchi documenti, registri logori e immersioni tecniche. L’obiettivo? Dare un nome a quella nave senza identità, affondata nei pressi del faro di Spartivento. E ce l’ha fatta.
Il relitto è quello della Carlo Martinolich, una nave triestina silurata il 9 gennaio del 1941 da un sottomarino inglese, l’HMS Parthian. Partita da Sfax, Tunisia, era diretta a Porto Marghera con un carico di fosfato. Era scortata dalla Marina italiana, ma non è bastato: quattro uomini persero la vita. Solo dopo ricerche negli archivi inglesi, ungheresi e triestini, Alpini – insieme a Andrea Fattore – ha potuto confermare tutto grazie anche a immersioni fino a 105 metri di profondità.