Salvaguardare il mare con piccoli gesti | Quest’anno in spiaggia occhio alla crema che usi: rischi di distruggere colonie intere di coralli

Illustrazione di una crema solare (Canva FOTO) - marinecue.it
la crema solare è utilissima per proteggerci dal sole, eppure potrebbe non fare bene agli ecosistemi e agli animali.
Il mare è il cuore blu del nostro pianeta: regola il clima, produce oltre metà dell’ossigeno che respiriamo e ospita una biodiversità incredibile. Eppure, lo stiamo mettendo in pericolo con inquinamento, pesca eccessiva e cambiamenti climatici.
Ogni anno, milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani, danneggiando la fauna marina e entrando nella catena alimentare. Anche le microplastiche, invisibili a occhio nudo, sono ormai ovunque, perfino nei pesci che mangiamo.
La pesca intensiva svuota i mari e altera gli equilibri degli ecosistemi. Alcune specie sono sull’orlo del collasso, mentre reti e attrezzi abbandonati continuano a intrappolare animali per anni, in quello che viene chiamato “ghost fishing”.
Tutelare il mare significa proteggere anche noi stessi. Servono leggi più severe, più aree marine protette e, soprattutto, un cambio di mentalità: consumare meno, scegliere meglio, rispettare di più.
Il mare e la nostra pelle
C’è un gesto che d’estate è diventato quasi automatico: si prende la crema solare e la si spalma sulla pelle, convinti di fare qualcosa di buono per sé stessi. E in effetti è così. Proteggersi dai raggi UV è fondamentale, non solo per evitare le scottature, ma per prevenire problemi ben più seri, come i tumori della pelle. Ma c’è un lato meno noto di questa abitudine che inizia a far discutere: quello che succede dopo, quando ci si tuffa in mare.
Una parte di quella crema, infatti, finisce inevitabilmente in acqua. E lì comincia un’altra storia, molto meno protettiva e molto più problematica. Perché alcuni ingredienti comunemente presenti nei solari, tipo l’oxybenzone o l’octinoxate, possono avere effetti dannosi sulla vita marina. In particolare sui coralli, che già se la passano maluccio per colpa del riscaldamento globale. Non è raro leggere che questi composti possono interferire con la loro crescita, indebolire la relazione simbiotica con le alghe che li nutrono e, in casi estremi, contribuire al cosiddetto bleaching, ovvero lo sbiancamento (Fonte: Il Sole 24 ore).

Coscienza ambientale
Negli ultimi anni, come riportato da Il Sole 24 ore, diverse ricerche hanno sollevato preoccupazioni crescenti sugli effetti tossici di alcuni filtri solari, sia organici che inorganici. L’oxybenzone, ad esempio, non solo danneggia i coralli, ma è stato rilevato anche nei tessuti di pesci, molluschi e persino nei mammiferi marini. La sostanza si bioaccumula, entrando nella catena alimentare. Altri filtri chimici, come l’octocrylene, si degradano lentamente e rilasciano sottoprodotti potenzialmente nocivi.
Per fortuna, la ricerca si sta muovendo. Alcuni laboratori stanno studiando molecole ispirate ai meccanismi di difesa naturale delle alghe o dei microrganismi marini, che potrebbero fornire protezione solare senza interferire con l’ambiente. C’è anche chi lavora su “booster” dell’SPF, che permettono di usare meno filtro mantenendo comunque la protezione. E poi ci sono le innovazioni sulle texture, per creare prodotti più resistenti all’acqua e meno inclini a disperdersi una volta in mare (Fonte: Il Sole 24 Ore).