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Il squalo della Groenlandia: il re degli abissi artici e la sua vita tra caccia e tradizione

Questo affascinantissimo squalo è straordinario, ma è anche una specie utilizzata per tanti altri scopi, soprattutto culinari.

Lo squalo della Groenlandia, che in latino si chiama Somniosus microcephalus, è un gigante silenzioso che nuota nelle acque gelide tra la Groenlandia e l’Islanda. È uno di quei pesci che sembrano usciti da un romanzo di avventura: vive a profondità in cui la luce quasi non arriva, si muove lentamente e può arrivare a misurare anche più di sei metri. Non proprio il classico squalo da film horror, ma forse è ancora più affascinante così.

La sua famiglia, quella dei Somniosidi, è soprannominata “sleeper sharks”, gli squali dormiglioni, perché si spostano con una lentezza che fa sembrare una tartaruga un centometrista. Ma non lasciarti ingannare: questo squalo ha una resistenza incredibile al freddo, tanto che è l’unico che si vede regolarmente sopra l’Islanda. E, dettaglio interessante (e un po’ inquietante), ha uno stomaco praticamente senza fondo: ci hanno trovato di tutto, da pesci a foche… fino a cavalli, cani e perfino renne! Tranquilli, però: si pensa che si tratti di carcasse finite in mare, non che lo squalo passeggi sulla terra in cerca di uno spuntino.

Una cosa che colpisce è quanto a lungo può vivere questo animale. Cioè, parliamo di secoli. Letteralmente. Alcuni esemplari potrebbero essere nati quando Michelangelo stava ancora affrescando la Cappella Sistina. Si stima che possano vivere fino a 400 o addirittura 500 anni. E indovina un po’? Raggiungono la maturità sessuale attorno ai 150 anni. Quando si dice “prendersela comoda nella vita”!

Ma non è solo per la sua età da record che lo squalo della Groenlandia è finito sotto i riflettori. Per secoli è stato una risorsa importante, soprattutto in Islanda, dove un tempo era protagonista assoluto delle attività di pesca. Oggi, invece, se ne parla anche per via del curioso piatto che ne deriva: l’hákarl, un cibo fermentato e… beh, diciamo “dal profumo deciso”. Ma su questo torniamo tra poco.

Un gigante lento e…famelico

Lo squalo della Groenlandia è un vero sopravvissuto dei mari artici. Gira solitario nelle profondità fredde e scure dell’Atlantico del Nord, lontano dal caos delle barriere coralline o delle scogliere tropicali. È uno dei pochissimi squali capaci di vivere stabilmente così a nord, ed è anche tra i più grandi mai visti. Gli esemplari più grossi toccano i 7 metri e pesano oltre una tonnellata. Quando te lo immagini, pensa a una specie di sommergibile con i denti. Nonostante la mole, questo squalo è un campione di risparmio energetico: si muove lentamente, come se fosse sempre un po’ assonnato (da qui il soprannome “sleeper shark”), ma è anche un predatore vorace. Si ciba di pesci, foche e tutto ciò che può entrare nella bocca. 

Una cosa curiosa è che, nonostante la sua lentezza, lo squalo riesce comunque a cacciare prede veloci. Un’ipotesi è che sia aiutato da un parassita particolare (sì, davvero), un copepode bioluminescente che si attacca al suo occhio e forse funziona come una sorta di esca luminosa per attirare piccoli animali curiosi. Strano ma affascinante, no? E parlando di stranezze, non possiamo non citare le leggende inuit. Alcune raccontano di squali che attaccavano i kayak, anche se non ci sono prove concrete. Una storia dice che il primo squalo nacque da uno straccio usato da una donna per asciugarsi i capelli lavati con urina (sì, hai letto bene), poi buttato in mare. 

Illustrazione di uno squalo della Groenlandia appena pescato (Wikipedia Julian Idrobo FOTO) – www.marinecue.it

Svariati “utilizzi”

Mangiare uno squalo della Groenlandia non è proprio come grigliare un trancio di tonno. Anzi, è una faccenda piuttosto delicata. Il suo corpo è pieno di una tossina chiamata ossido di trimetilammina, che a contatto con lo stomaco si trasforma in qualcosa di molto simile… a una sbornia. Una sbornia brutta, però: visione offuscata, perdita di equilibrio. Perfino i cani da slitta che ne hanno mangiato un pezzetto non riescono più a stare in piedi. Ma gli islandesi non si sono fatti scoraggiare. Hanno trovato un modo per rendere questa carne tossica commestibile (più o meno). Il procedimento è semplice… ma non per i deboli di stomaco. Prima la carne viene fatta fermentare per mesi (anni fa la seppellivano sotto terra), poi la si appende ad asciugare per togliere l’ammoniaca in eccesso.

Alla fine si ottiene l’hákarl, il famigerato “squalo putrefatto” islandese, che viene tagliato a cubetti e servito crudo. Un’esperienza che molti descrivono come… traumatica. Oggi l’hákarl è diventato una specie di rito di passaggio per i turisti coraggiosi. I locali più giovani, invece, non ne sono proprio entusiasti: spesso lo considerano un “cibo da nonni”. Ma rimane comunque un pezzo importante della cultura gastronomica islandese, un simbolo di resistenza e adattamento. E chissà, magari dopo averlo assaggiato ti sentirai anche tu un po’ più norreno.

Mattia Paparo

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