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I Bajau e l’adattamento alle immersioni: il segreto dei “nomadi del mare”

Questa popolazione è straordinaria in quanto possiede un adattamento particolare, acquisito grazie ad alcuni geni (e non solo!).

Hai mai sentito parlare dei “nomadi del mare”? No, non è il titolo di un film d’avventura, ma il modo con cui vengono chiamati i Bajau, un popolo che vive tra le acque del Sudest asiatico, in particolare nell’arcipelago di Sulu, nelle Filippine. La loro particolarità? Riescono a immergersi a decine di metri di profondità senza bombole né attrezzature. Solo con un bel respiro profondo. E, fidati, riescono a restare là sotto molto più a lungo di quanto riuscirebbe la maggior parte di noi.

Questa non è una “super abilità” imparata per caso: è il frutto di secoli di adattamenti e di selezione. Nel tempo, la selezione naturale ha selezionato i Bajau che avevano già nel loro genoma qualche mutazione che li rendeva un po’ più resistenti in apnea. Col passare delle generazioni, queste mutazioni sono diventate sempre più comuni nella popolazione. Un meccanismo che, alla lunga, ha creato qualcosa di davvero unico.

Nel 2018, una ricerca pubblicata su Cell ha fatto un po’ di luce su cosa succede davvero nel corpo dei Bajau. È venuto fuori che alcuni dei loro geni sono collegati a caratteristiche fisiche molto interessanti. Uno in particolare, il PDE10A, sembra essere legato alle dimensioni della milza, che nei Bajau risulta ben più grande della media. E indovina un po’? Una milza più grossa significa più globuli rossi da rilasciare in caso di necessità, tipo… quando sei sott’acqua e ti manca l’aria.

Un’altra variante genetica frequente nei Bajau è legata alla vasodilatazione, ovvero alla capacità di restringere o allargare i vasi sanguigni. Una roba che può sembrare tecnica, ma che in realtà è fondamentale per indirizzare il sangue agli organi vitali quando serve. Insomma, il corpo dei Bajau è come una macchina subacquea perfettamente tarata per le immersioni.

Una milza da record

Durante lo studio, i ricercatori hanno confrontato le ecografie di 43 persone Bajau con quelle di 33 individui di una popolazione vicina, che però non ha le stesse abilità acquatiche. Il dato saltato fuori è sorprendente: la milza dei Bajau è in media il 50% più grande. Ma non solo: questa differenza non dipende né dal sesso né dall’età. Tradotto in parole povere? Non si tratta di allenamento o abitudine, ma di genetica pura.

Questo è lo stesso tipo di adattamento che si osserva in alcune specie di foche. Proprio così. Anche loro hanno una milza particolarmente sviluppata, che durante le immersioni si contrae e rilascia una scorta di globuli rossi extra quando l’ossigeno comincia a scarseggiare. In biologia si parla di “convergenza evolutiva”, quando specie molto diverse sviluppano soluzioni simili per affrontare le stesse sfide ambientali. Un corpo umano che, senza bisogno di attrezzature, riesce a gestire al meglio le risorse di ossigeno sott’acqua, è qualcosa di davvero straordinario. E sapere che è frutto dell’evoluzione, e non solo di forza di volontà o allenamento, ci ricorda quanto la natura possa essere ingegnosa.

Illustrazione di alcune persone del popolo Bajau (Wikipedia Torben Venning FOTO) – www.marinecue.it

Una questione di genetica

Uno degli aspetti più affascinanti di questa ricerca è che l’adattamento dei Bajau non dipende da un singolo gene “miracoloso”, ma da un insieme di varianti genetiche che collaborano tra loro. C’è chi regola la dimensione della milza, chi modula la vasodilatazione, chi gestisce la tolleranza all’ipossia. Insomma, non è un tasto magico, è un’intera orchestra genetica che lavora in armonia.

Dal punto di vista medico, studiare questi geni potrebbe essere utilissimo. Immagina cosa potremmo imparare sulla gestione dell’ipossia, ovvero la mancanza di ossigeno, che è un problema serio in molte situazioni cliniche (pensa alle malattie respiratorie, o alle complicanze durante interventi chirurgici).

Mattia Paparo

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