Clima e pesca: il riscaldamento degli estuari minaccia 75% delle specie marine e le economie costiere

Il clima sta influenzando tantissimo la pesca in tutto il mondo, e le notizie non sono proprio incoraggianti. 

Immagina di svegliarti una mattina e scoprire che l’oceano vicino a casa tua è diventato una sorta di sauna naturale. Le acque si sono surriscaldate ben oltre la norma, mettendo in crisi tutto l’ecosistema marino. Non è fantascienza: è ciò che sta accadendo sempre più spesso negli estuari della East Coast degli Stati Uniti.

Un recente studio della Virginia Institute of Marine Science avverte che, entro la fine del secolo, queste zone costiere potrebbero trovarsi a vivere in uno stato di “ondata di calore marino” per un terzo dell’anno.

E non stiamo parlando solo di un fastidio passeggero: gli estuari sono ambienti cruciali, una sorta di asilo nido per il 75% delle specie ittiche e una fonte di lavoro per oltre 54 milioni di persone. Se questi habitat collassano, il danno si propagherà ben oltre l’oceano, colpendo intere economie locali e il delicato equilibrio dell’ecosistema marino.

I ricercatori hanno esaminato i dati raccolti negli ultimi vent’anni da 20 estuari lungo la costa statunitense, grazie ai monitoraggi della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA). I risultati non lasciano spazio a dubbi: le ondate di calore marino stanno diventando più frequenti, più intense e più lunghe. E la East Coast è tra le zone più colpite, mentre la West Coast sembra (per ora) più resistente grazie a particolari fenomeni oceanici.

Il problema delle ondate di calore negli estuari

Per capire davvero il problema, bisogna prima spiegare cosa siano esattamente le ondate di calore marino. In parole semplici, si tratta di periodi in cui la temperatura dell’acqua sale ben oltre la media stagionale per giorni, settimane o addirittura mesi. Questo fenomeno, spesso associato al cambiamento climatico, ha effetti devastanti sugli ecosistemi marini, causando morie di pesci, la scomparsa di alghe fondamentali per la biodiversità e un calo della qualità dell’acqua. Lo studio ha mostrato che l’estuario della Chesapeake Bay, uno dei più grandi degli Stati Uniti, è già sotto stress: oggi vive condizioni di ondata di calore marino per circa 22 giorni l’anno. Ma se il trend continua, entro il 2100 questa cifra potrebbe superare i 100 giorni. Tradotto: l’ecosistema potrebbe non farcela a reggere il colpo.

Curiosamente, la situazione sulla West Coast è diversa. Qui, grazie a un fenomeno noto come upwelling, le correnti marine profonde portano in superficie acque fredde, che aiutano a mantenere sotto controllo le temperature. Questo significa che, almeno per ora, la West Coast potrebbe fungere da rifugio termico per alcune specie marine. Ma per quanto tempo? Un altro aspetto interessante emerso dallo studio è il legame tra queste ondate di calore e fenomeni climatici su larga scala, come El Niño e la Pacific Decadal Oscillation. Questi eventi influenzano la temperatura dell’acqua a livello globale, rendendo alcune regioni più vulnerabili di altre.

Illustrazione di un pescatore (Pexels FOTO) – www.energycue.it

Le possibili soluzioni e il futuro degli estuari

Ora, la grande domanda è: c’è qualcosa che possiamo fare? Gli scienziati avvertono che, se vogliamo proteggere questi ambienti, dobbiamo intervenire subito con piani di conservazione mirati. Questo significa migliorare la gestione delle risorse marine, creare zone protette dove le specie possano adattarsi e studiare strategie per mitigare gli effetti del cambiamento climatico. Un aspetto fondamentale è la raccolta di dati. Il monitoraggio delle temperature e delle condizioni degli estuari deve essere continuo e preciso, per poter prevedere gli eventi estremi e intervenire in tempo.

Inoltre, occorre un approccio globale: il problema non riguarda solo gli Stati Uniti, ma tutte le regioni costiere del mondo. Infine, serve un cambiamento culturale. Le comunità che dipendono dagli estuari devono essere coinvolte nella protezione di questi habitat, perché senza un impegno collettivo, le strategie scientifiche rischiano di restare solo buone intenzioni. Non possiamo permetterci di ignorare il problema: il futuro degli oceani è in bilico, e con esso, quello di milioni di persone.

Mattia Paparo

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