Dal 1985, il 24% delle coste globali è stato eroso: il peso dell’estrazione della sabbia

L’estrazione incontrollata della sabbia sta accelerando l’erosione delle coste e minacciando gli ecosistemi marini.

L’eterna lotta tra progresso umano e difesa della natura si gioca anche su terreni inaspettati. O meglio, su spiagge e fondali marini. La sabbia, risorsa che diamo quasi per scontata, è in realtà uno dei materiali più sfruttati al mondo. Serve ovunque: per costruire palazzi, strade, vetro e persino i dispositivi elettronici che usiamo ogni giorno. Ed è proprio questa richiesta continua che sta mettendo in difficoltà gli ecosistemi costieri.

Eppure, quando si parla di risorse naturali a rischio, raramente si nomina la sabbia. Si discute molto di combustibili fossili, minerali rari o deforestazione, ma il prelievo massiccio di sabbia, soprattutto negli ambienti marini, passa quasi inosservato. Questo nonostante sia la seconda attività umana più impattante sulle coste, subito dopo la pesca. Il problema? Non ci sono abbastanza regole per controllarla, e spesso viene estratta senza pensare alle conseguenze.

Ma gli effetti ci sono, e sono devastanti. Dragare la sabbia dal fondo del mare significa sconvolgere interi habitat. Praterie di posidonia, fondamentali per l’ossigenazione delle acque e per molte specie marine, vengono distrutte. I coralli soffocano per le particelle sollevate dal dragaggio. L’acqua diventa torbida, confondendo pesci e altre creature che dipendono dalla luce per orientarsi o cacciare. In poche parole, si crea un caos ecologico.

E non è tutto. L’estrazione della sabbia è uno dei fattori che peggiorano l’erosione costiera. Normalmente, le spiagge si rigenerano grazie ai sedimenti trasportati dalle correnti. Ma se questa sabbia viene prelevata e usata per costruire grattacieli, il meccanismo naturale si rompe. Così, le coste si riducono, diventano più fragili e meno capaci di resistere all’innalzamento del mare e alle tempeste sempre più frequenti.

Il problema nascosto della sabbia

Uno studio pubblicato su One Earth ha acceso i riflettori su questa crisi silenziosa. Secondo i ricercatori, tra cui Aurora Torres dell’Università di Alicante e Jianguo Liu della Michigan State University, la sabbia è il materiale più estratto al mondo, eppure quasi nessuno ne parla. Ma i dati sono chiari: dal 1985, il 24% delle coste mondiali è stato eroso, un fenomeno direttamente collegato al prelievo incontrollato di sabbia.

Per affrontare il problema, gli scienziati propongono di rendere più visibili gli impatti dell’estrazione, raccogliendo più dati, migliorando le normative e inserendo il tema nelle politiche ambientali globali. La sabbia non è solo un bene da sfruttare, ma una risorsa essenziale per proteggere gli ecosistemi costieri. Serve la stessa attenzione che oggi viene data a settori come la pesca o il turismo, prima che i danni diventino irreversibili.

Erosione costiera (Depositphotos foto) – www.marinecue.it

Un’emergenza sottovalutata

Nonostante gli allarmi lanciati dalla comunità scientifica, l’estrazione della sabbia continua a essere un problema poco considerato nelle politiche ambientali globali. I governi e le industrie spesso la vedono come una risorsa inesauribile, ignorando il fatto che la sua rimozione indiscriminata sta modificando interi ecosistemi e accelerando fenomeni già critici come l’erosione costiera. La questione diventa ancora più urgente se si pensa all’impatto che tutto ciò avrà sulle comunità costiere, sempre più esposte ai rischi di inondazioni e perdite di territorio.

Gli esperti avvertono che la soluzione non può essere rimandata. Serve una gestione più responsabile delle risorse sabbiose, regolamentazioni più severe e una maggiore consapevolezza del ruolo cruciale che la sabbia svolge nel mantenimento degli ecosistemi marini. Se non si interviene in tempo, il costo da pagare sarà altissimo, non solo per l’ambiente, ma anche per le economie e le società che dipendono da queste aree vulnerabili.

Furio Lucchesi

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