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L’Oceano Atlantico è ormai il più salato del pianeta

E’ stato scoperto che l’Oceano Atlantico negli ultimi tempi è diventato più salato, e questa non è una buona notizia.

La salinità degli oceani è un fattore cruciale per l’equilibrio climatico e ambientale del pianeta. Essa influenza non solo la circolazione oceanica, ma anche il clima, il livello del mare, e persino la biodiversità marina.

La salinità di un oceano deriva dall’accumulo di sali minerali, principalmente cloruro di sodio, che arrivano nell’acqua tramite varie fonti naturali. Tra queste ci sono l’erosione delle rocce terrestri e le attività vulcaniche sottomarine. Questi sali vengono trasportati nei fiumi, che poi li riversano nei mari e negli oceani. Inoltre, l’evaporazione intensifica la salinità, poiché rimuove l’acqua dolce lasciando i sali in sospensione.

Il livello di salinità può variare considerevolmente tra i diversi bacini oceanici. Ad esempio, l’Oceano Atlantico è tradizionalmente più salato del Pacifico, un fenomeno che sembra accentuarsi con il cambiamento climatico. Uno studio recente pubblicato su Nature Climate Change ha scoperto che l’Oceano Atlantico, e in particolare il Nord Atlantico, sta diventando ancora più salato rispetto al Pacifico settentrionale.

Le cause della crescente salinità

Negli ultimi decenni, il contrasto di salinità tra l’Oceano Atlantico e l’Oceano Pacifico si è intensificato. I dati raccolti dai satelliti e dalle navi indicano un aumento della salinità nell’Atlantico, soprattutto nelle sue regioni subtropicali e settentrionali. Al contrario, le stesse zone nel Pacifico mostrano un trend diverso. In altre parole, mentre nel Pacifico la salinità si diluisce, l’Atlantico diventa sempre più salato. Questo fenomeno è stato osservato su scale diverse: tra la superficie e i primi 800 metri di profondità, la salinità nel Nord Atlantico è aumentata del 3,6%, e nei livelli più superficiali il contrasto con il Pacifico è aumentata di un significativo 6%.

I ricercatori hanno individuato due principali processi che contribuiscono a questa crescita di salinità nell’Atlantico: heaving e spicing . Il fenomeno di sollevamento, che consiste nello spostamento verticale delle colonne d’acqua senza cambiarne la temperatura interna, è dovuto a modifiche nei venti e nelle correnti oceaniche. In particolare, i venti occidentali nel Nord Atlantico si sono intensificati, creando una sorta di “barriera” che impedisce all’acqua salata di muoversi verso nord e causando così un accumulo nelle latitudini medie. 

L’altro fenomeno, lo spicing, si riferisce alla miscelazione di massa d’acqua con scambi di calore e sali. Questo fenomeno è influenzato principalmente dal riscaldamento dell’oceano: man mano che la temperatura della superficie marina aumenta, si modifica la densità dell’acqua, creando una sorta di “stratificazione” che favorisce la miscelazione tra acque calde e fredde lungo una “frontiera” che varia con la latitudine. Nell’Atlantico settentrionale, l’aumento di temperatura provoca la migrazione di questo confine verso nord, portando a un maggiore mescolamento e, in definitiva, a una maggiore concentrazione di sale nei primi 400 metri.

le correnti oceaniche diventano più fredde verso nord (NASA FOTO) – www.marinecue.it

Le conseguenze della crescente salinità

L’aumento della salinità nel Nord Atlantico ha numerose conseguenze per l’equilibrio climatico e ambientale, non solo nella regione, ma anche a livello globale. In particolare, la crescente differenza di salinità tra l’Atlantico e il Pacifico influenza diversi fenomeni legati ai cambiamenti climatici, come l’innalzamento del livello del mare e la perdita di ossigeno nelle acque oceaniche.

Gli effetti atmosferici giocano un ruolo importante. Gli studi precedenti si erano concentrati principalmente su fattori atmosferici come l’evaporazione e le precipitazioni per spiegare le variazioni di salinità. Tuttavia, questo studio ha approfondito maggiormente le dinamiche oceaniche. Aixue Hu, climatologo del National Center for Atmospheric Research, ha sottolineato che questa ricerca rappresenta una prospettiva nuova, poiché si concentra sugli effetti interni all’oceano, come la circolazione delle masse d’acqua e le proprietà dell’acqua stessa, anziché limitarsi ai processi atmosferici.

Altri fattori climatici globali come El Niño e La Niña potrebbero anch’essi influire su queste variazioni, come ha suggerito il climatologo Arnold L. Gordon. Questi fenomeni ciclici, che alterano i pattern climatici su scala globale, possono influenzare il comportamento dei venti e le interazioni tra vento e mare, modificando così la distribuzione della salinità oceanica.

Un ulteriore contributo al fenomeno potrebbe derivare dall’influenza dell’Oceano Indiano. Vicino al Sudafrica, una corrente di confine rilascia acqua calda e salata dall’Oceano Indiano all’Atlantico. Questo “flusso di perdita” potrebbe essere aumentato nel corso dei decenni e dei secoli recenti, rafforzando ulteriormente il carico di vendita nell’Oceano Atlantico.

Mattia Paparo

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