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Cos’è la Linea di Wallace: la barriera invisibile che gli animali non attraversano

La Linea di Wallace: una barriera invisibile che crea una particolare e curiosa divisione nel mondo animale.

Cosa accade quando confini invisibili separano la distribuzione di intere specie animali? Uno degli esempi più noti di queste divisioni naturali è la Linea di Wallace, un confine che non si può vedere ma che ha un profondo impatto sulla fauna delle regioni che attraversa. Si tratta di una barriera che separa due mondi biologici distinti, tracciata da Alfred Russel Wallace, un naturalista britannico del XIX secolo. Questa linea rappresenta uno spartiacque tra le specie che popolano il sud-est asiatico e quelle che abitano l’Australia e le isole vicine.

Il concetto alla base della Linea di Wallace nasce dall’osservazione che molte specie di animali presenti a ovest della linea, come uccelli e mammiferi, sono quasi del tutto assenti a est, e viceversa. Questo fenomeno ha affascinato gli scienziati per decenni. Anche se non visibile ad occhio nudo, la linea segna un cambiamento improvviso nella distribuzione delle specie, creando una divisione netta tra le comunità animali che altrimenti sembrerebbero essere geograficamente vicine.

Il confine tracciato dalla Linea di Wallace attraversa diverse aree marittime, partendo dallo Stretto di Lombok, che separa Bali e Lombok, e si estende verso nord attraverso lo Stretto di Makassar, tra il Borneo e Celebes, fino ad arrivare al Mare delle Filippine. Queste acque delimitano le regioni faunistiche orientale e australiana, dove si nota una differenza sostanziale nella presenza di specie animali.

Nel corso degli anni, molti studiosi di zoogeografia hanno iniziato a mettere in discussione il concetto di Linea di Wallace come confine rigoroso. Nonostante ciò, rimane una testimonianza fondamentale della varietà e complessità della vita sulla Terra. La linea, seppur invisibile, continua a essere un argomento di interesse per biologi e naturalisti.

Il limite della biodiversità

Il vero fascino della Linea di Wallace risiede nella sua capacità di rappresentare un confine biologico che gli animali, soprattutto vertebrati come pesci, uccelli e mammiferi, non sembrano oltrepassare. A ovest della linea, la fauna tipica del sud-est asiatico domina il paesaggio: si trovano specie come tigri, rinoceronti e elefanti. A est, invece, il mondo animale è caratterizzato da specie di origine australiana, tra cui canguri, koala e altre creature uniche di quella regione.

La distinzione tra questi due ecosistemi non è solo geografica ma soprattutto evolutiva. Le specie che si trovano a est della Linea di Wallace si sono evolute in isolamento rispetto a quelle occidentali, dando origine a una biodiversità distinta. Le profondità degli stretti marini che separano queste aree hanno impedito la migrazione delle specie, creando una barriera naturale che ha modellato gli ecosistemi nel corso di milioni di anni.

Alfred Wallace (Depositphotos foto) – www.marinecue.it

L’eredità di una scoperta naturalistica

Oggi, molti biologi moderni riconoscono che la Linea di Wallace non è un confine perfetto. Alcune specie, infatti, si trovano su entrambi i lati della linea, sfidando la separazione netta. Tuttavia, l’intuizione di Wallace continua a influenzare la comprensione della distribuzione animale in questa regione del mondo. La linea rimane un punto di riferimento per chi studia la biodiversità e le dinamiche evolutive tra specie che si sono adattate in modo diverso a seconda del lato della linea in cui vivono.

Inoltre, il concetto di questa barriera naturale è stato utilizzato per studiare non solo la distribuzione faunistica, ma anche i processi di speciazione e adattamento in aree geografiche isolate. Gli ecosistemi che si trovano ai due lati della Linea di Wallace continuano a essere oggetto di ricerche scientifiche, che contribuiscono a chiarire come fattori fisici e geografici possano influenzare il percorso evolutivo delle specie, mantenendo intatto il fascino di una scoperta che ha cambiato il modo di concepire la biodiversità mondiale.

Furio Lucchesi

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