Ottenere energia dal moto ondoso: ultime tecniche e applicazioni
La sfida ai cambiamenti climatici non è solamente una sfida per le nostre abitudini, le quali devono cambiare radicalmente per consentire l’ottenimento di un mondo più green e più sostenibile (quindi, maggiore utilizzo di mezzi pubblici, raccolta differenziata, minor consumo di acqua e carne…), ma è anche una sfida alla fantasia del mondo scientifico. Infatti, oltre che il possesso di profonde e ben solide conoscenze, per ottenere una soluzione concreta e fattibile è indispensabile possedere una buona dose di fantasia e creatività. Proprio in questo contesto, di ricerca e sviluppo di fonti energetiche non tradizionali, il mondo scientifico ha trovato una nuova fonte di energia, proprio sotto ai nostri occhi, quella proveniente dal moto ondoso.
Moto ondoso per la produzione di energia
Il mare torna così ad essere protagonista dello sviluppo tecnologico e sociale della nostra civiltà. Se dapprima era una fonte di guadagno grazie alla pesca e ai traffici commerciali, ora diventa di vivo interesse in quanto “produttore” di energia alternativa e rinnovabile. Infatti, da esso è perfettamente possibile ricavare energia cinetica riconvertibile in elettricità.
Stime attendibili ritengono che la componente ondosa del mare sarebbe capace di produrre ben 2TWh di energia l’anno, pari all’intero fabbisogno mondiale. Da queste stime è iniziata una vera e propria ricerca delle migliori e più idonee tecnologie capaci di “catturare” questo enorme tesoro nascosto, neanche troppo velatamente, sotto ai nostri occhi.
Energia dal moto ondoso: le soluzioni attualmente presenti
Ovviamente, prima di andare ad indagare le varie soluzioni effettivamente presenti o in via di sviluppo, è indispensabile cercare di capire la provenienza, l’origine, di tutta questa potenzialità. Con il termine di energia marina si intende l’energia immagazzinata nel mare per mezzo dell’azione esercitata dal vento sulla sua superficie, cosa che produce le ben visibili creste ondose.
Ovviamente, questa energia va decrescendo all’aumentare della profondità, ciononostante esistono anche tecnologie capaci di prelevare energia ad una certa distanza dalla superficie, ma questo è un discorso che rinviamo a qualche riga più giù, per ora proseguiamo con ordine. Vediamo quali sono le varie opzioni effettivamente presenti, per poi indagarne alcune installazioni nel dettaglio.
- Wave Activated Body: Questa soluzione prevede l’installazione di un corpo sul quale le onde impattano producendo energia meccanica che, a sua volta, viene trasmessa ad un dispositivo capace di convertire il tutto in energia elettrica.
- Overtopping: Si costruisce una barriera frangiflutti nella quale l’acqua che riesce a sovrastarla si accumula, acqua che va poi a convergere in una turbina.
- Oscillating Water Column: Il moto ondoso è incanalato in una camera chiusa collegata al mare dove il continuo salire e scendere del livello dell’acqua determina una compressione dell’aria che aziona un turbogeneratore.
Energia dal moto ondoso: applicazioni
Questi appena elencati sono le varie e generiche tipologie di tecnologie attualmente sviluppate e implementate. Ma come possiamo applicare concretamente queste tecniche? Esistono diverse applicazioni reali derivanti da queste soluzioni.
Turbina Kobold
Degna di attenzione è stata la costruzione, nello Stretto di Messina, della turbina Kobold, una turbina idraulica ad asse verticale avente le pale a forma di superficie alare e collegata ad un generatore elettrico. Le correnti marine investono le pale determinando una rotazione che a sua volta genera energia elettrica.
La scelta dello Stretto di Messina come luogo di installazione non è stata casuale: il luogo deve essere scelto in ragione dell’intensità, della regolarità e della direzione delle correnti marine, pertanto, prima della realizzazione dell’opera ingegneristica è indispensabile svolgere un’accurata e attenta opera di selezione e individuazione della zona più vantaggiosa. Proprio in ragione di ciò appaiono evidenti i vantaggi connessi ad uno stretto, dove le correnti, spinte e incanalate in una strettura, aumentano di intensità e velocità.
PEWEC: un pendolo per la produzione di energia
Ancora, installazione importante sul piano tecnologico è quella del Pendulum Wave Energy Converter, in breve PEWEC, un sistema galleggiante che produce energia elettrica dalle oscillazioni cui è soggetto.
GEM: gli aquiloni del mare
Soluzioni alternative ma altrettanto efficaci sono quelle dei cosiddetti “aquiloni del mare”. In tal caso si parla di una turbina non più ad asse verticale e sulla superficie del mare come la Kobold ma ad asse orizzontale ed immersa.
Un suo sviluppo è la GEM, progettata a partire dal 2005 dal brevetto del Prof. Domenico Coiro. Essa si costituisce di uno scafo galleggiante e di due turbine controrotanti a tre pale. L’ancoraggio è garantito mediante un blocco fissato sul fondale, cui è collegato anche il cavo elettrico attraversato dall’energia prodotta. Installato a profondità comprese tra i 10 e i 15m se investito da una corrente di 2.6m/s è capace di produrre ben 100kW di corrente, con una produzione annuale potenziale di ben 300MWh.
Sebbene il primo prototipo sia stato installato nella laguna veneta, il Dipartimento di Ingegneria Navale della Federico II fu parte attiva della fase di sviluppo mettendo, tra le altre, a disposizione la propria vasca navale.
Altro progetto importante è l’Inertial Sea Wave Energy Converter, ISWEC in breve, sviluppato dal colosso italiano dell’Eni in collaborazione con il Politecnico di Torino. Esso consiste in uno scafo galleggiante avente al suo interno due giroscopi collegati ad altrettanti generatori. L’idea è quella di sfruttare la rotazione dei primi per trasferire energia elettrica ai secondi, potendo soddisfare le richieste energetiche di piccole isole e piattaforme offshore. Infatti, il primo impianto è stato collegato alla piattaforma PC80, mentre di più recente applicazione, febbraio 2023, è il dispositivo installato al largo della costa di Pantelleria.
Produrre energia da una nave in movimento
Una domanda legittima che potrebbe sorgere una volta terminata la lettura della prima parte di questo articolo è se sia possibile sfruttare le onde, oltre che per produrre energia elettrica, anche per propellere e movimentare le navi. In effetti, nonostante si sia già posti questa domanda, ad oggi soluzioni ingegneristiche non esistono ancora se non in fase sperimentale. Degna di interesse è la soluzione ideata nelle Filippine, in cui un team di ricerca ha progettato un trimarano capace di sfruttare proprio l’energia creata dalle onde: il Bangka.
Il nome deriva da tradizionale trimarano filippino avente, oltre allo scafo principale, due stabilizzatori di bambù posti ai due lati. L’idea alla base del progetto è stata lanciata dall’ingegnere navale Jonathan Salvador, che ad un’osservazione attenta del funzionamento del trimarano, nel quale il moto dei due scafi trasversali, detti outriggers, conferiscono stabilità al principale, si chiese se non fosse possibile sfruttare questo movimento per produrre energia elettrica. È evidente, quindi, come la natura ci offra infinite opportunità e chiavi di lettura che solo un’attenta osservazione ed una fervida immaginazione riescono a sfruttare appieno.